Nessuno si salva da solo (Margaret Mazzantini)

Spesso si soffre perché gli sforzi per poter cambiare la propria condizione di infelicità sono troppo impegnativi da affrontare; non ci si appaga più, non si sorride e lo sguardo è sempre proiettato verso il solito passato che non siamo riusciti a mantenere nel presente. Se perseverassimo, saremmo capaci di superare qualche ostacolo, e senza accorgercene potremmo passare in un battito d’ali dalla miseria alla felicità, dalla codardia al coraggio, dal grigio al giallo acceso di un sole che vuole scoppiare di salute. E’ proprio questo il messaggio che ritrovo tra le pagine del romanzo di Margaret Mazzantini:  sembra di viaggiare tra i perché di una storia finita, pungendo i ricordi, ferite da voler ancora vedere sanguinare a causa dell’incapacità quotidiana di dare slanci positivi alle giornate piatte che purtroppo sono un percorso naturale, il banco di prova di una vita insieme. E ci si rende conto che ricercare i perché non serve, e non basta. La storia di Delia e Gaetano è la comunissima storia di una coppia che lo era, e ora non lo è più. Entrambi tra i trenta e i quarant’anni, due figli maschi Cosmo e Nico e  una casa comprata assieme in cui ora ci abita solo la madre (Delia insieme ai figli). Mentre il padre Gaetano è andato a vivere in un residence qualunque. Una cena in un ristorante all’aperto “ingenuamente” sembra essere la resa dei conti, un momento di verità per una storia che potrebbe ricominciare. Sono ancora giovani, la pelle suda, è calda, c’è ancora voglia di sognare, di trasgredire senza rivelarlo ma solo immaginando attraverso vino e sguardi altrui, ma hanno sbagliato. Dove hanno sbagliato se desiderano altro, un’altrove confuso?  Sensazione  mista di rabbia e amore soffocato, una linea sottile tra la passione dell’inizio e l’odio della fine. In un’epoca in cui tutto sembra già essere stato detto, si scambiano parole che non riescono a dar voce alle loro solitudini, alle loro esigenze ed urgenze, perché nate nella acque di un analfabetismo affettivo, prematura voglia di unirsi ed impossibilità nel riuscire a restare integri. Qualche segnale accende bagliori improvvisi, speranze che vorrebbero non morissero mai.  Mettendo in atto ricordi in una danza di malinconie che si accavallano nelle loro menti raccontano la “banalissima” storia dell’amore e del disamore.  Pagine che colpisco per la vicinanza alla gente comune, storie giornaliere, contemporanee, di quelle che ascolti per caso seduto al bar, tra un pettegolezzo ed un  caffè che per quanto sommerso di zucchero scende amaro tra le pareti dello stomaco. E’ il romanzo di alcune vite, raccontato in maniera semplice e diretta, a tratti brusco e “volgare”, ma forte come un’onda burrascosa che lascia bagnata la costa e nel ritrarsi porta con sé ciò che doveva essere. Buona lettura.

Annamaria Milici

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