Siria, repressione nel sangue

Sono almeno 12 i morti durante le repressioni delle manifestazioni contro il regime di Assad. Gli scontri sono avvenuti nella città siriana di Homs dove l’esercito di Damasco ha dispiegato soldati e carri armati. Altri carri armati e truppe, secondo la tv Al-Jazeera, starebbero arrivando nella città di Tafas, presso Deraa. Secondo alcuni testimoni residenti nella cittadina, almeno otto carri armati avrebbero presidiato l’area urbana, composta da circa 30.000 abitanti. Inoltre da ieri mattina si sono iniziati ad udire colpi  d’arma da fuoco e spari. Soldati e poliziotti hanno iniziato a fare irruzione nelle case per arrestare dei giovani. Nella scorsa giornata di venerdì, la cittadina di Tafas, era stato il luogo in cui migliaia di persone si erano riunite per manifestare. Qui migliaia di abitanti di un villaggio della pianura di Hauran, a cui era stato impedito di entrare a Deraa, avevano ripiegato su Tafas e avevano marciato nella città, scandendo slogan contro il presidente Bashar al-Assad.

Il segretario di Stato americano Hillary Clinton ha sottolineato: «Non abbiamo dati certi, ma sappiamo che la Siria può ancora varare riforme. Nessuno invece credeva che Gheddafi lo avrebbe fatto. La gente ritiene ci sia un percorso possibile con la Siria. Per questo continuiamo insieme ai nostri alleati a fare pressioni», mettendo in luce le differenze fra i due conflitti interni in atto.

Sul fronte interno, Riad Seif, uno dei principali esponenti dell’opposizione siriana, è stato incriminato dalla magistratura per aver violato il divieto di manifestazioni, lo ha reso noto il suo legale. Seif era stato arrestato venerdì, nei pressi della moschea di al-Hassan, nel centro di Damasco, dove aveva luogo una manifestazione antigovernativa alla quale partecipavano centinaia di persone. Seif non è nuovo a esperienze del genere, infatti era stato già incarcerato e incriminato per diversi anni.

Salvatore Borruto

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