Crimine: la videoconferenza non piace agli avvocati

02\11\2011 – Continuano le arringhe degli avvocati difensori degli imputati del ramo abbreviato del processo Crimine, che si sta svolgendo nell’aula bunker di Reggio Calabria dinanzi al Gup Giuseppe Minutoli. Le udienze di questi giorni non hanno riservato grandi colpi di scena. Come previsto, il collegio difensivo sta cercando in tutti i modi di scalfire il castello accusatorio costruito dai magistrati della Dda reggina. L’obiettivo è quello di istillare un ragionevole dubbio nella mente del giudice che possa portarlo ad emettere una sentenza di primo grado favorevole ai 120 imputati, accusati a vario titolo di far parte della ‘ndrangheta, intesa come organizzazione unitaria e transazionale. Non è questo, però, l’unico pensiero che preoccupa i difensori degli imputati. La discussione si è spostata, in questi giorni, sul piano della videoconferenza. Nei giorni scorsi il giudice ha, infatti, disposto, con ordinanza, che 25 imputati facessero ritorno nelle rispettive case circondariali assistendo al processo in videoconferenza. Alla base di tale scelta ragioni di sicurezza della collettività e rischi di ordine pubblico per il sovraffollamento del carcere di Reggio in occasione della celebrazione delle udienze di un processo particolarmente complesso com’è il “Crimine”. Salgono così a 33 gli imputati che non potranno seguire il processo in aula, ma che saranno collegati da ben 20 penitenziari distribuiti sull’intero territorio nazionale; i destinatari dell’ordinanza vanno, infatti, a fare compagnia agli 8 che, trovandosi in regime di 41bis ( il c.d. carcere duro ), già non potevano essere trasferiti. Il provvedimento non è gradito, però, ai difensori degli imputati a cui è stato notificato in udienza. Il rischio paventato dagli stessi è quello di una inaccettabile compressione del diritto di difesa. La possibilità di partecipare alle udienze è, infatti, un diritto fondamentale dell’imputato e come tale deve essere garantito da un giudice che sia terzo ed imparziale. Tuttavia, non si può ignorare la presenza di altre esigenze, il cui rispetto richiede necessariamente l’attenuazione dei diritti degli imputati. Lo spiega bene il Gup Minutoli quando, nella sua ordinanza, afferma di aver usufruito della “ superiore facoltà discrezionale ” attribuitagli dalla legge, che gli “consente di contemperare il livello minimo di garanzie necessario per tutelare il diritto di difesa e di partecipazione all’ udienza di imputati detenuti per reati di eccezionale gravità con le esigenze di sicurezza della collettività e dell’ordinario svolgimento dei processi, nonché con il buon andamento dell’amministrazione della giustizia. Non può porsi, quindi, alcun problema di violazione del diritto di difesa, anche per la concreta possibilità di contatti difensivi riservati, garantiti dalla legge ”. E non vi è dubbio che un problema di ordine pubblico e di sicurezza della collettività sorge dalla contemporanea presenza in determinati luoghi – quali le celle del carcere di Reggio – di soggetti accusati di essere elementi di vertice della ‘ndrangheta. Il giudice, infatti, non vuole assolutamente correre il rischio che gli stessi entrino in contatto fra di loro e possano prendere accordi sul futuro dell’associazione in una sorta di riunione di mafia che avvenga inaccettabilmente all’interno delle celle del carcere o, peggio, dell’aula bunker di un Tribunale. Gli avvocati, però, non si arrendono e promettono battaglia per difendere i diritti dei propri assistiti, in un’ottica di difesa delle garanzie che va al di là del singolo processo che si sta celebrando in questo momento. Non si tratta solo di chiedere la revoca dell’ordinanza emessa nel processo “Crimine”, ma di sollecitare una discussione all’interno delle Camere penali del distretto e di una astensione dalle udienze, tra il 14 e il 18 novembre, in forma di protesta contro la violazione dei diritti di difesa. “ Se non avremo delle risposte – avverte l’ avvocato Giulia Dieni, facendosi interprete anche di altri colleghi – ci sono già fissate le assemblee nazionali e noi manderemo i nostri rappresentanti per portare all’attenzione dell’opinione pubblica, anche fuori dai confini provinciali e regionali, la nostra voce di protesta ”. Intanto ci sarebbe già stato un incontro tra il giudice che ha emesso l’ordinanza e il presidente della Camera penale per cercare di trovare una soluzione che tenga conto di tutti gli interessi in gioco. Perché è vero che il diritto di difesa è un diritto inviolabile dell’uomo, ma non si deve certo fornire l’occasione per sviare l’attenzione da quella che è la sostanza di un processo, quello “Crimine”, che è stato definito storico per la portata dei suoi contenuti e non certo per un’ordinanza che dispone la videoconferenza.

Consuelo Occhiuto

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