Il legale all’Alta Corte: «I due Marò vanno giudicati in Italia»

MaròIn un clima molto teso, il legale dei due marò italiani coinvolti nell’uccisione di due pescatori indiani, ha iniziato il proprio pressing nei confronti dell’Alta Corte indiana. È durata circa due ore e quindici minuti l’arringa difensiva dell’avvocato indiano Suahil Dutt, il quale ha spiegato in maniera inequivocabile che, alla luce delle norme e dei trattati internazionali, siglati dai due Paesi, sarà l’Italia a dover giudicare i marò del San Marco accusati dell’omicidio di due pescatori indiani scambiati per pirati o banditi. A supporto di questa tesi, che pare incontrovertibile, i fatti: «Accaduti alle 16 del 15 febbraio 2012, davanti alle coste del Kerala è ampiamente situato all’interno delle acque internazionali, ben oltre il limite delle 12 miglia nautica previste dalle leggi riconosciute in tutto il mondo». L’avvocato ha poi continuato con la propria tesi, spiegando che:  «Nella fattispecie di un’azione condotta da forze armate italiane, che hanno il pieno diritto, anche questo riconosciuto dalle leggi internazionali, di proteggere il loro naviglio dalle incursioni di nemico di ogni tipo e natura, non può essere applicata un articolo dei codici di procedura penale indiani che prevede l’estensione della territorialità indiana anche in acque internazionali, in caso di eventi criminosi». In parole povere quello che i legali della difesa vogliono dimostrare è che l’intervento della Guardia Costiera indiana e poi delle autorità d’indagine di Kollam si pone al di fuori della legittimità e i che i marò andrebbero immediatamente liberati e affidati alla magistratura italiana a cui spetta il compito di giudicarli.

Salvatore Borruto

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