L’Assessore Stillitani è intervenuto in merito alla nota della Conferenza Episcopale Calabrese dal titolo: “L’importanza della Solidarietà”

LAVORO – L’Assessore regionale al Lavoro, Formazione professionale e Politiche sociali, Francescantonio Stillitani, ha espresso – informa una nota dell’ufficio stampa della giunta regionale – le proprie considerazioni in merito alla nota redatta dalla Conferenza Episcopale Calabrese, dal titolo: “L’importanza della Solidarietà”.“In merito alla nota redatta dalla Conferenza Episcopale Calabrese, dal titolo: “L’importanza della Solidarietà”, vorrei fare alcune considerazioni da assessore regionale alle politiche sociali cattolico, perché proprio da cattolico ne percepisco la valenza morale. Finalmente qualcosa si muove!!! Apprezzo molto e condivido l’analisi fatta dai vescovi calabresi, sulla realtà delle politiche sociali. Ho sempre sostenuto, sinora come voce solitaria purtroppo, che in Calabria il problema delle politiche sociali è soprattutto culturale. Ho più volte detto pubblicamente che l’ obiettivo che mi sono posto in qualità di assessore regionale al ramo, non è solo quello di recuperare risorse, spenderle bene, proporre leggi e regolamenti ma ritengo necessario e prioritario far crescere la coscienza del sociale nelle istituzioni. La maggior parte di noi politici infatti, considera l’intervento nel sociale come un favore da fare agli altri, un’ elargizione benefica che, a volte, può servire anche per fare clientela o scambi elettorali. Il concetto che operare come istituzione a favore del sociale sia un dovere, anzi il principale dovere, per molti di noi è ancora sconosciuto. Cosa ancora più grave è che sinora, a mio modesto avviso, non vi sia stata in Calabria la presa di coscienza dei propri diritti neanche da parte di chi deve essere oggetto di attenzione o di intervento o di chi rappresenta nelle varie vesti il sociale. Devono darmi atto tutti i rappresentanti di associazioni, categorie protette, porta voci di soggetti bisognosi che quando li incontro, benevolmente li rimprovero di essere sempre stati troppo accondiscendenti verso il potere politico o istituzionale e di aver sbagliato a non alzare la voce. Un concetto questo che ho sempre espresso in tutti i miei interventi pubblici e in tutte le manifestazioni a cui sono stato invitato ad intervenire. La frase che dico spesso, in tali occasioni, è che chi opera nel sociale e per il sociale, non deve presentarsi “con il cappello in mano” a chiedere favori al politico o al dirigente di turno ma deve convincersi che quello che chiede è un diritto e non un favore da ricambiare con il voto.Ritengo in sostanza che il mondo delle istituzioni non abbia ancora ben chiaro il concetto che intervenire nel sociale sia un dovere e che il mondo del sociale dal canto suo, non abbia ancora acquisito la coscienza che quello che chiede è un diritto. È appunto un fatto culturale. Nella logica di cercare di stimolare la coscienza del sociale nelle istituzioni, il mio assessorato ad esempio, ha organizzato la “cena al buio”, assieme all’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti. Una cena che si è svolta completamente al buio, servita da camerieri ciechi. Alla manifestazione sono stati invitati tutti i consiglieri regionali, i rappresentanti istituzionali delle principali città e province calabresi, con l’obiettivo di far capire loro, le numerose difficoltà che i disabili affrontano quotidianamente, con la speranza che quando avrebbero trattato del sociale, nell’esercizio delle loro funzioni istituzionali, si sarebbero ricordati di quell’evento. Non è la prima volta che biasimo il comportamento della maggior parte di noi politici, nei confronti del sociale e della sanità. Considerato che una delle principali cause della totale assenza di una rete sociale in Calabria e dello sfascio della sanità, sia proprio il distorto approccio che il mondo politico ha verso questi settori. Anni fa, da consigliere regionale, ho proposto ai miei colleghi, durante una seduta del consiglio regionale, di stringere un “patto d’onore”. Chiedevo loro infatti, di sottoscrivere un documento contenente l’impegno a non considerare la sanità ed il mondo che la circonda come un bacino elettorale e clientelare. Per come evidenziato nella stessa nota della Cec, le risorse statali per il sociale sono quasi del tutto scomparse, basti pensare che oggi come Regione Calabria, riceviamo il 10% rispetto a quanto era invece disponibile nel 2008. Nella filosofia del Governo Centrale, della spesa sociale devono farsi carico soprattutto i comuni ma per come ho evidenziato, nel corso dei tanti incontri avuti con il Ministro e i vari assessori regionali al ramo, se i comuni ricchi del Nord possono sopperire alla mancanza delle risorse statali, questo purtroppo, è molto difficile per i più poveri comuni calabresi. Anche se io ho più volte invitato pubblicamente, realizzando anche, apposite trasmissioni televisive, tutti i sindaci dei comuni calabresi a prestare maggiore attenzione al sociale, ponendolo come spesa prioritaria nella redazione dei bilanci comunali. Il piano di coesione sociale e territoriale, destinato alle regioni del sud su proposta del Ministro Fabrizio Barca credo sia anche il frutto di queste considerazioni. Per come evidenziato nella nota dei vescovi calabresi mancano, a livello regionale, le risorse addirittura, per poter completare i pagamenti alle strutture socio sanitarie e assistenziali, e la legge sulla non autosufficienza è bloccata perchè non é possibile dotarla di un’idonea dote finanziaria. In verità, ho già richiesto al mio collega, assessore regionale al ramo, un incremento delle risorse necessarie, più consistente rispetto a quelle richieste dalla Cec. Ho dovuto, purtroppo, prendere atto che in questa fase, considerato anche il vincolo del piano di rientro sanitario e del patto di stabilità, non è stato possibile destinare al sociale le risorse economiche necessarie, da me richieste. Vi è, però, l’impegno da parte di tutta la Giunta e del Presidente Scopelliti, sensibili al problema, di integrare consistentemente il capitolo nel prossimo assestamento che sarà varato entro ottobre prossimo. Non bisogna dimenticare invece che si è potuto lavorare nel campo delle Politiche Sociali, grazie all’impiego di risorse provenienti da specifiche leggi nazionali e da fondi comunitari. Cito ad esempio, alcuni interventi messi in campo dal mio assessorato: work experience per disabili psichici, non vedenti e non udenti, case accessibili per disabili, centri di ascolto per donne oggetto di violenza, centri antiviolenza, centri di aggregazione per anziani in cento comuni, asili nido comunali, privati e domiciliari, mense per i poveri, ticket per l’infanzia, voucher per la conciliazione dei tempi di vita e dei tempi di lavoro per le donne, progetti di mutuo aiuto per le famiglie, contributi a famiglie con disabili, provvedimenti a favore delle donne vittime di tratta, corsi di formazione per mediatori interculturali, progetti di legge sul volontariato e sull’infanzia, telegiornale LIS per non udenti, progetto di alfabetizzazione per immigrati, corsi di formazione per badanti, microcredito, ecc… In conclusione, posso dirmi estremamente soddisfatto della presa di posizione nel sociale da parte dei vescovi calabresi, spero solo che non sia limitata nel tempo e non si tratti perciò di un fatto occasionale. Mi auguro che la stessa possa servire da stimolo alle coscienze di tutti noi amministratori calabresi (consiglieri regionali, provinciali, comunali e dirigenti). Accolgo il suggerimento di istituire un tavolo di concertazione sul sociale pur nella difficoltà di individuare i soggetti che vi dovranno prendere parte. Mi riservo inoltre, di chiedere ai vertici della Conferenza Episcopale Calabrese, un incontro per poter congiuntamente e sinergicamente ottenere i migliori risultati possibili in un momento in cui il problema sociale diventa una vera emergenza”.

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