“Il cuore, se potesse pensare”

SULTANAC’è anche la Calabria in “Il cuore, se potesse pensare” edito da Rizzoli www.rizzoli.rcslibri.it (pp. 309, € 17,50) e scritto da Sultana Razon, medico pediatra, ebrea sefardita originaria di Istanbul ma nata e cresciuta a Milano. L’autrice racconta l’internamento a Ferramonti di Tarsia (aveva nove anni) dove conosce la solidarietà della popolazione locale e poi, in seguito, un lungo viaggio attraverso l’Italia sino in Calabria in un momento particolare della propria vita. Ma soprattutto conosciamo la sua tenacia: la sua voglia di vivere e di non arrendersi mai. Travolta – come tanti – dalle leggi razziali e dalla Shoah, Sultana (Susy per gli amici) sopravvive a Bergen-Belsen. Cresce nell’Italia del dopoguerra: un paese distrutto da ricostruire con bagni in comune forniti non di carta igienica ma di giornali vecchi. Ricorda l’aiuto economico degli USA all’Italia. Sultana si laurea in medicina, diventa pediatria e inizia a lavorare in ospedale. Si sposa con Umberto Veronesi e mette al mondo sei figli. Sarà un continuo dividersi tra famiglia e lavoro: senza mai fermarsi. Dovrà anche far fronte a un rapporto coniugale complesso e difficile. Ma Sultana non molla: tiene duro. Oggi – doppiata la boa degli ottant’anni – ha deciso di condividere la propria vita con i lettori. Nel libro non tralascia nulla: anche i momenti difficili. E’ giusto così: anch’essi fanno parte della vita. Scrive per dimenticare come ricorda Ferdinando Pessoa “la letteratura è il modo più piacevole di dimenticare la vita”. Ma forse il suo segreto è vivere: non cedendo agli eventi ma superandoli senza farsi sommergere. Senza pensare troppo, lasciandosi guidare dal cuore che come dice sempre Pessoa “se potesse pensare si fermerebbe”. Perché la vita va vissuta: non pensata o peggio sognata.

Tonino Nocera

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