Armido Cario premiato al concorso nazionale di narrativa storica inedita

 

Armido Cario tra Ines Ferrante e Lorenzo Curti
Armido Cario tra Ines Ferrante e Lorenzo Curti

Ennesimo riconoscimento letterario per Armido Cario che, dopo la recente segnalazione al Premio nazionale di Calabria e Basilicata per la saggistica, inanella un altro successo. L’autore falernese ha meritato il premio speciale della giuria al concorso nazionale di narrativa storica inedita, organizzato dall’Associazione culturale “Sifeum” di Castrovillari e giunto alla IV edizione. La cerimonia di premiazione, condotta da Ines Ferrante, presidente dell’associazione “Mystica Calabria”, è stata arricchita dagli interventi di Lorenzo Curti, presidente di giuria; della giornalista Rossana Di Maio; dell’artista Angela Micieli. Cornice d’eccezione il maestoso castello aragonese che, da secoli, svetta sulla città del Pollino. Tema di quest’anno, scelto dal “Sifeum”, “Leggende italiane: storie popolari di uomini e di mondi”. Cario si è imposto con un racconto inedito ambientato nel 1905, anno del “grande terremoto” che scosse la Calabria centro-meridionale. Lo scenario è Castiglione Marittimo, fortezza di ascendenza normanna in cui, per secoli, si è concentrato il potere feudale dei d’Aquino. Il titolo dell’opera è profondamente evocativo, Sogni e miracoli. Miracoli che la devozione popolare attribuisce ai due patroni, san Tommaso d’Aquino e sant’Antonio abate: il primo risparmia ai falernesi lutti e tragedie, il secondo anima la rinascita del borgo antico. La statua dell’eremita egiziano, protettore di Castiglione fu decapitata dal crollo della chiesa parrocchiale: «quel simbolo, orrendamente mutilato ed esposto al pubblico sguardo, esprimeva l’abbattimento morale dei castiglionesi», scrive Cario. In un sol colpo, a causa del sisma, la comunità ha perso i simboli della sua identità storica. È a questo punto che la narrazione s’intreccia con la tradizione orale, con le storie legate all’immaginario popolare e tramandate di generazione in generazione. Il ritrovamento del cranio si realizza, infatti, grazie al sogno di un emigrato castiglionese che, dagli Stati Uniti, scrive alla moglie rimasta in paese. È il momento catartico di una società che ritrova se stessa, che si risolleva ed inizia la faticosa ricostruzione: «Castiglione iniziò a riprendersi, grazie alla dignità ed all’orgoglio dei superstiti, memori del glorioso passato del Principato». È l’ennesimo “miracolo” del santo patrono che, secoli prima, aveva salvato il paese da una pericolosa incursione saracena, grazie alla “petra de Sant’Antoni”, un mastodontico sperone roccioso staccatosi dalla montagna per precipitare e travolgere un drappello di pericolosi pirati. Un “miracolo” che si annoda al sogno di un uomo. Il racconto si radica, quindi, in una trama storica, ove si affacciano temi sociali ed antropologici. Secondo Lorenzo Curti, poeta e presidente della commissione, «il racconto è denso e capace di ricreare atmosfere, situazioni e paesaggi, di ingenerare riflessioni ed emozioni, su una storia culturale e su temi comuni a noi tutti. In Sogni e miracoli, si stratificano e si intersecano temi come la devozione popolare, l’emigrazione, l’amore, le calamità naturali e la straordinaria umanità di persone abituate da secoli a lottare con il destino e le difficoltà dell’esistenza, inalberando il vessillo della fede in santi taumaturghi, vere icone di un popolo e della sua essenza profonda».

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