Il tempo che sopraggiungerà

C’è qualche cosa di scoraggiante negli aumenti di principio d’anno. Una sensazione di debolezza e di manifesta inferiorità. Qualcosa di disperato e sconfortante. Lo fanno ininterrottamente all’inizio dell’anno, dopo le festività, tra pranzi, cene, mercanti in fiera, pandori e quei esigui regali trovati sotto l’albero. Da troppi anni. Anni nei quali la stima in chi ci governa ha raggiunto il suo punto più basso dal periodo postbellico ad oggi perché, lo sappiamo bene, questi due anni sono stati i peggiori della nostra storia odierna. Sono anni nei quali abbiamo visto famiglie impoverirsi, fiaccate da una crisi che ha visto spegnersi, giorno dopo giorno, imprese, esercizi commerciali e professioni create con sacrifici e passione.

Proviamo con tutte le nostre energie di non vedere e non far guardare l’angoscia, il peso brutale di una sensazione di fallimento che dal nostro ambito individuale notiamo riflesso nella realtà di un paese intero. Quei benefici che avevamo ottenuto in tanti anni, e che consideravamo acquisiti, sembrano dissolversi in una quotidianità fatta di scoperti di conti correnti impossibili da coprire, di carte di credito strappate, di vestiti fuori moda, di vecchie cravatte, di frigoriferi semivuoti, di autovetture faticosamente funzionanti.

E anche queste festività sono passate. Qualcosa cambierà? Non muta niente. Inizia il 2014 e, come sempre, aumentano i prezzi di consumi e di prestazioni essenziali. I trasporti, il carburante, il latte, la pagnotta. Una sottile patrimoniale,…..di nascosto, bastonerà tutti coloro che sono riusciti ancora a tenersi qualche euro da parte, o una abitazione. Uno Stato onnivoro che impone imposte, tributi per conservarsi. Ma i servizi non migliorano. La sanità, ad esempio, obbliga un malato ad indebitarsi per sostenere cure sempre più onerosi se non vuole morire a causa dei tempi dettai ormai dai palazzi romani. Noi, ormai sembriamo annoiati, con gli occhi chiusi a non voler vedere. Non gradiamo più sentire, udire né farci intendere. Rimaniamo muti. Con gli occhi chiusi, come un bimbo che trattiene il respiro finché non passa la paura, o fino a quando il padre, non lo abbraccerà per tranquillizzarlo. Un bacio e una carezza. E passa tutto. Ma a noi non passa. Non si può attraversare questa condizione con la speranza, o con un ottimismo che difficilmente potrà riaffacciarsi senza fatti concreti.

Ci si illude che l’arrivo di Renzi possa rappresentare la speranza, se non altro una rottura con il passato, un mutamento epocale. Ma non sarà un abbaglio? Sembra solo terribilmente seducente. Ci vorrebbe la costruzione di una classe reggente che sappia e voglia integrare eccellenze e competenze orientandole verso un disegno politico per una visione innovativa del paese che desidereremmo. Solo un progetto condiviso: con responsabilità, obiettivi e competenze. Le cose non si cambieranno con i vecchi sistemi. Ci vuole qualcosa di veramente nuovo, di veramente decisivo che veda congiuntamente una classe dirigente la cui motivazione non dovrà più essere quella di garantire sé stessa. Ci vogliono mutamenti strutturali, ci vogliono riforme costituzionali, c una nuova legge elettorale, una riforma fiscale, una riforma della giustizia, della scuola, delle università e, soprattutto, ci vuole un piano eccezionale di rilancio della nostro sistema economico. Senza uno Stato che opera non può esistere welfare, senza denari che girano non ci saranno più pensioni, ospedali, scuole. Senza lavoro, nessuno potrà più comprerà una casa, nessuno più pagherà un affitto. Senza una nazione che vive, tutto fatalmente muore.

Tutto questo lo potrà fare semplicemente ed esclusivamente un nuovo Parlamento. Adesso è il momento della responsabilità perché senza responsabilità, ci attenderà un declino certo. Una nazione di vecchi sempre più poveri perché i giovani che possono, ormai, stanno già espatriando e una nazione senza i suoi giovani non si può ricostruire. I nostri nonni avevano De Gasperi, Togliatti, Nenni e Pertini . Noi Letta, Saccomanni, Renzi e Beppe Grillo. Purtroppo. Ma l’anno, in fondo, è appena incominciato….

 

 

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