Annamaria Milici – Momenti di confusione politica, sociale e culturale; quella solidarietà tra cittadini sembra essere svanita nel nulla, o forse mai esistita. Un’ insopportabile crisi che ormai accomuna l’ Europa senza distinzioni tra Nord e Sud ha allontanato gli uomini gli uni dagli altri, perché preoccupati ognuno per la loro precaria condizione economica. Qualche paese in ripresa, qualche paese invece sconfinatamente indebitato. Siamo i pezzi di una ruota, bulloni dello stesso meccanismo, quindi difficile snaturare un equilibrio che dovrebbe mirare alla perfezione, con manifestazioni che tendono a distruggere un ipotetico nemico. Pensiero astratto e pacifista vuole essere questo intervento, ed apoliticamente parlando un invito ad essere più compatti, meno guerriglieri.
Un palazzo si costruisce dalle fondamenta, cercando di progettare un sistema resistente e sicuro, per assicurare tutte le garanzie del caso a coloro che andranno ad abitarlo; non si può pensare sin dall’ inizio alle rifiniture, al particolare d’arredo, senza aver dedicato amore, cura e professionalità alla fase principale. Quando penso alla società, la metafora più adatta che mi viene in mente è proprio l’ idea di un palazzo. In quali condizioni? Un bellissimo palazzo, antico, con una storia da raccontare ai posteri, caratterizzata da momenti di caduta vorticosa e da riprese incredibili; palazzo che presenta l’inconveniente proprio di qualsiasi costruzione: ha bisogno di manutenzione per evitare che negli anni si riduca in uno stato di abbandono, tale da non riuscire più a recuperare il bello dell’ aspetto originario. Disfattismo o attivismo? E’ sempre più facile distruggere che ricostruire, abbandonare la nave in burrasca invece di dominare la tempesta. E’ questo il messaggio che arriva ultimamente dalle fila di cittadini che sono stanchi di combattere perché preoccupati; ed è anche il messaggio che arriva da coloro che credono di poter risolvere la situazione bloccando qualsiasi intervento di confronto, ribellandosi e manifestando senza conoscerne i motivi. Il dialogo ha bisogno di essere coltivato, con collaborazione e unione.
La società, il rapporto tra cittadino ed istituzione, tra studente e professore, tra datore di lavoro e subordinato, va cambiato non contestando disordinatamente, ma proponendo idee, nuovi spunti, nuovi progetti, che abbiano come comune denominatore: il benessere comune. La difficoltà sempre attuale, è quella di far convivere le opposizioni, ognuna impegnata nel non volere cedere una piccola parte di potere all’ avversario, volendo tutto per sé, eliminando la figura che in quel momento ostacola il disegno di conquista. Sembra un po’ una partita di risiko: strategie per vincere incondizionatamente. Qual è il prezzo? Il malessere generale, un clima di disagio, nessuna speranza per un futuro troppo vicino, disillusione. Cambiare gioco sarebbe l’ ideale. Armiamoci dal basso di quei buoni propositi che di solito nessuno riesce a rispettare, cercando di comunicare i problemi, senza addossare colpe ormai radicate, che possono soltanto essere superate con un nuovo inizio, diverso ed onesto. Speranza, compattezza, ottimismo, studio e possibilità: queste le basi per dare avvio ai lavori! Rivivere della ricostruzione, allontanando la distruzione.
“ Tra l’ attesa e il suo compimento, tra il primo tema e il testamento, nel mezzo c’è tutto il resto, e tutto il resto è giorno dopo giorno, e giorno dopo giorno è silenziosamente costruire, e costruire è sapere…”