Il Ritratto di Gray, di Oscar Wilde

“Non esistono libri morali o immorali. I libri sono scritti bene o scritti male. Questo è tutto” (Oscar Wilde). Il ritratto di Dorian Gray lo è, un libro scritto bene, anche a dispetto di tutti coloro che vedono in esso solo un incitamento al peccato. Avrò avuto sì e no 18 anni quando è capitato, quasi accidentalmente, tra le mie mani e circa 28 anni quando ho avuto la possibilità di una rilettura più approfondita. Ma, in nessuno dei due casi, mi sono sentita corrotta dai suoi contenuti.

L’ho divorato con la curiosità e l’interesse che metto in ogni libro che leggo, senza avere pregiudizi. Posso amare, odiare o provare qualsiasi altro sentimento verso l’uno o l’altro personaggio, ma non lo faccio mai senza aver prima incontrato la parola fine in fondo all’ultima pagina. Dorian ed i suoi amici non sono – quindi – sfuggiti a questa regola.

Particolarmente affascinante mi è apparsa la similitudine tra la personalità del protagonista ed il mito greco di Narciso che narra di come quest’ultimo avesse molti innamorati che costantemente respingeva fino a farli desistere. Solo un giovane ragazzo, Aminia, non si dette per vinto al punto da costringere Narciso a donargli una spada perché esso stesso si uccidesse. Aminia, obbedendo al volere di Narciso, si trafisse davanti alla sua casa, avendo prima invocato gli dei per ottenere una giusta vendetta  che si compì quando Narciso, contemplando in una fonte la sua bellezza, restò incantato dalla sua immagine riflessa innamorandosi perdutamente di se stesso. Preso dalla disperazione e sopraffatto dal pentimento, Narciso prese la spada donata ad Aminia e si uccise a sua volta.  Dorian Gray è giovane e bello, e tutto ciò è esaltato ancora di più dall’innocenza dei suoi anni.

Incanta tutti quelli che lo conoscono ed, in particolare, il pittore Basil Hallward – di cui diviene lo spunto creativo per le sue opere – e Lord Henry Wotton, il diavolo tentatore che lo affascina e ne plasma i pensieri con i suoi discorsi sulla vita e la bellezza. Dopo aver fatto conoscenza con i due Dorian non sarà più lo stesso. Un giorno, specchiandosi nel ritratto che il pittore Basil si era offerto di dipingere in onore alla sua sconvolgente bellezza, Dorian scopre se stesso, come Narciso alla fonte, e si innamora della sua effige riflessa. E’ la stipula del patto col diavolo, l’inizio della sua fine. “… io diventerò vecchio, orribile, disgustoso, ma questo quadro resterà sempre giovane. Non sarà mai più vecchio di quanto è oggi, in questa giornata di giugno… Se solo potesse essere il contrario! Se potessi io rimanere sempre giovane e invecchiasse il quadro, invece! Per questo… per questo darei qualunque cosa! Si, non c’è nulla al mondo che non darei! Darei l’anima!”

Ed è quello che accade. Con i pensieri ormai corrotti da Lord Henry, Dorian inizia la ricerca della bellezza in ogni sua forma, del piacere fine a se stesso, senza mai porsi domande. E in questa ricerca finisce in un piccolo teatro dove conosce Sybil Vane, giovane attrice bella, innocente come era lui, e si innamora. Ma non di lei in quanto tale, ma di quello che rappresenta, dell’arte e della bellezza delle eroine delle tragedie che interpreta.

Infatti, quando lei smette di essere la trasposizione delle sue fantasie, il giovane Dorian la abbandona e, con spietata crudeltà, arma la sua mano, come nel mito fece Narciso con Aminia. Sybil si uccide, mentre nella soffitta della casa di Dorian, lontano dai suoi occhi e da quelli del mondo, il ritratto si ravviva iniziando a trasformarsi. All’inizio tutto è impercettibile e il solo Dorian nota che le prime “modifiche” sul ritratto sono alterazioni della fisionomia del viso. Con orrore misto a stupore inizia a realizzare quello che sta succedendo, una serie di accadimenti che viziosamente continua ad alimentare la sua “voglia di vivere”.

La vicenda si dipana ulteriormente attraverso varie vicissitudini fino a quando il protagonista, in un momento di ripugnanza per quello che vede nel dipinto, incolpa Basil di ciò che è diventato e, non sopportando il giudizio dell’amico, lo uccide. E’ la fine della sua parabola. Così come Narciso, sopraffatto dalla disperazione e dal pentimento, Dorian pugnala il dipinto dimenticando che in realtà sta colpendo se stesso ed il suo corpo verrà trovato, irriconoscibile se non per la presenza dei suoi anelli, riverso sul pavimento nelle sue reali, demoniache sembianze. S

i è scritto così tanto su questo libro, esaminato ogni personaggio ed analizzata ogni situazione che ogni altra interpretazione appare scontata e superflua. Chi conosce la vita dell’autore non può non convenire che la vera interpretazione del romanzo la dà, in ultimo, l’autore stesso in una corrispondenza epistolare ad un suo amico: “Basil Hallward è quello che credo di essere, Henry Wotton è come il mondo mi dipinge e Dorian Gray è quello che mi piacerebbe essere.”

comunicato stampa  – Leggendo tra le righe

 

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