Progetto Sei: la comunità medico-scientifica riconosce la sicurezza della tecnologia

 

salineÈ passato poco più di un mese da quando il gip del tribunale di Savona ha accolto la richiesta della Procura relativa al sequestro della centrale elettrica a carbone Tirreno Power di Vado Ligure per il mancato rispetto di una richiesta formulata dal Ministero dell’Ambiente e per presunti danni a persone e cose da inquinamento ambientale (Lo studio commissionato dalla Procura, comunque, ha suscitato forti dubbi, anche da parte dello stesso Ministero dell’Ambiente, soprattutto a causa della metodologia di analisi applicata). L’assonanza di alcuni termini (Power e carbone) ha ingenerato qualche confusione con quanto è in corso di progettazione a Saline ioniche. Tale circostanza spinge la Fondazione Mediterranea ad alcune precisazioni, anche sulla scorta degli atti del convegno scientifico organizzato su un tema molto vicino lo scorso anno (23 febbraio 2013 – Ordine dei Medici di Reggio Calabria – Qualità dell’aria e salute della popolazione: il ruolo del medico di base).

1-) Fra Tirreno Power e RePower non vi è alcun legame oltre all’assonanza del nome. 2-) Il raffronto tra le due centrali ci dice a chiare lettere che, nei fatti, sono due attività industriali con enormi  differenze, accomunate solo dal tipo di combustibile usato per la produzione di energia. Una su tutte. Vado Ligure è un impianto realizzato negli anni sessanta, 50 anni or sono: un’eternità per quanto riguarda il progresso scientifico in generale e, nello specifico, le tecniche di riduzione dell’emissione di inquinanti aerei. Tornando al convegno dello scorso anno “Qualità dell’aria e salute della popolazione” (di alto livello scientifico in quanto, oltre a qualificati professionisti reggini, tra i relatori vi erano illustri ricercatori dell’Università di Torino e dell’Istituto Mario Negri di Milano, una delle massime autorità internazionali sul campo), nell’ultimo numero di National Geographic, che di certo non può essere annoverato nella lobby dei carbonieri, è presente un articolo che, trattando delle centrali a carbone presenti in Italia, ripropone anche quanto convenuto in quella sede: “Per quanto riguarda le emissioni (particolato, ossido di zolfo e metalli pesanti – ndr), con i filtri a manica (già in uso a Civitavecchia – ndr) i fumi passano attraverso un tessuto in grado di bloccare le particelle e di trattenere oltre il 99,9% del particolato totale”. Più avanti, dopo aver ribadito il concetto della “fisiologicità” del biossido di carbonio, così recita riferendosi a Civitavecchia: “I sistemi interni per il trasporto di carbone sono completamente chiusi per ridurre al minimo la polverosità; anche i carbonili sono chiusi da una cupola unica nel suo genere”. Il trattenere il 99,9% degli inquinanti atmosferici equivale, tenendo conto che Saline è una zona sufficientemente ventilata e che l’eventuale 0,1%  immesso nell’aria non si somma ad altri inquinanti presenti non essendo una zona industriale, ad azzerare il rischio di danni a popolazione o cose da inquinamento ambientale.  Per concludere, un’annotazione riguardante il piano energetico nazionale e l’utilità dell’impianto di Saline. Le 13 centrali a carbone italiane pesano per il 12% nel mix energetico nazionale a fronte di una media mondiale del 40% ed europea del 33% (il resto del mix è composto per il 60% da gas naturale, 8 % da olio combustibile, 20 % da fonti rinnovabili). Attualmente i progetti in itinere sono: Vado Ligure (raddoppio) e Saline Ioniche, con un incremento della quota carbone nel mix energetico di circa un 3%. Solo l’impianto di Saline ha le carte in ordine ed ha superato tutte le normative previste per ottenere una VIA (valutazione d’impatto ambientale) positiva. Non si riesce, pertanto, a trovare una sola motivazione scientificamente e politicamente valida contro la centrale energetica di Saline.

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