L’ uomo qualunque

uomo qualunqueSi avvicinava la data delle elezioni politiche fissata per il 28 aprile. Il Presidente della Repubblica, Antonio Segni, era stato eletto esattamente l’anno prima, mentre a Capo del Governo c’era Amintore Fanfani, che guidava una coalizione composta da DC, PRI e PSDI. Nel salone di Vincenzo, le discussioni fra sostenitori del partito comunista e della democrazia cristiana si facevano tanto più accese, quanto più si avvicinava la data delle elezioni. Meno diffusi i sostenitori, quindi meno accese le discussioni, degli altri partiti: PSI, PRI, PSDI, MSI, ecc. Non mi perdevo una sola tribuna politica, che andava in onda ogni sera dopo il telegiornale, trasmissione di approfondimento politico che prevedeva la presenza di un moderatore e uno o più giornalisti, che rivolgevano domande ai politici presenti in studio. A volte le domande erano provocatorie ed il dibattito si faceva acceso, come fossero nel salone di Vincenzo. Mi colpì un termine che veniva indirizzato dall’uno o l’altro politico all’avversario. A volte veniva usato anche dai giornalisti. Ogni volta che qualcuno indirizzava l’accusa di essere “qualunquista” all’avversario, si scatenava un putiferio. Zio Angelo era tornato a Roma, quindi il mio punto di riferimento era mio padre, che in quanto a politica non era di meno del prete. Chiesi il significato del termine ed i perché di tanto calore, quando veniva utilizzato. Mi raccontò che appena finita la guerra, nel 1946, un giornalista “satirico”, fondò un partito, chiamato dell’Uomo qualunque. Il partito aveva come obiettivo quello di scardinare il sistema dei partiti che stava nascendo. Quel giornalista lo faceva deridendo ed offendendo tutti gli uomini politici. Il maestro Zaccaria, dal canto suo mi portò due copie dell’Unità. Nella prima, che era del 1946, custodita gelosamente, mi fece leggere un articolo. Si diceva che l’Uomo qualunque è un movimento che costituisce al tempo stesso una sopravvivenza e un’anticipazione del fascismo … i suoi dirigenti … sono tristi speculatori delle sventure d’Italia, torbidi giocolieri che tentano di riesumare il fascismo vestendolo da pagliaccio. Nella seconda che era di qualche giorno prima si chiariva che il termine “qualunquismo”, utilizzato nel lessico politico con evidente accezione negativa, definisce atteggiamenti di sfiducia nelle istituzioni democratiche, di diffidenza e ostilità nei confronti della politica e del sistema dei partiti, di insensibilità agli interessi generali, che si traducono in opinioni semplicistiche e sostanzialmente conservatrici sui problemi dello stato e del governo.

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