Detenuti si “ribellano” a scomunica del Papa: vogliono chiarimenti

Pope Francis visits Community of Sant'Egidio

La scomunica di Papa Francesco a esponenti di mafia e ‘ndrangheta è riuscita a fare effetto anche sui detenuti ad alta sicurezza del carcere di Larino a Campobasso. In molti infatti  chiedono chiarimenti sul significato e sui riflessi pratici del provvedimento, innanzitutto se abbia ancora senso, per loro, partecipare alla santa messa. “È una cosa sorprendente, che conferma quanto il Papa, parlando, incida nelle coscienze” è il commento dell’arcivescovo di Campobasso-Bojano, Giancarlo Bregantini. La scomunica era arrivata dal Papa il 21 giugno scorso, durante la visita pastorale a Cassano all’Jonio e precisamente nel corso dell’omelia della messa alla Piana di Sibari, in cui Papa Francesco aveva detto con una chiarezza senza precedenti: “I mafiosi non sono in comunione con Dio, sono scomunicati”. Mai un Papa aveva pronunciato queste parole, le quali hanno avuto una grossa ripercussione perfino sull’atteggiamento dei detenuti di Larino, diversi dei quali legati alla criminalità organizzata, poichè questi hanno considerato la scomunica come “un affronto”. Il vescovo di Termoli-Larino, monsignor Gianfranco De Luca, ha colto l’occasione, celebrando una Messa nel penitenziario molisano, per illustrare il messaggio del Papa e dire che è difficile accogliere Dio se si ha “la notte” nell’animo. “I detenuti ne avevano parlato con il cappellano”, racconta Bregantini. Quest’ultimo ha invitato il vescovo De Luca a spiegare il senso dell’intervento del pontefice, dimostrando come non sia vero che dire certe cose sia clericalismo, perchè in realtà le parole del Papa, come quelle della Chiesa e di Gesù Cristo, hanno sempre una valenza etica che diventa anche sempre culturale ed economica, quindi con grandi riflessi politici e sociali nella nostra quotinianità. Dunque il Papa sembrerebbe aver inciso sulle coscienze, nella speranza che ne abbia destate molte, perfino quelle che ancora si ostinano a fare durante una processione religiosa “l’inchino” davanti alla casa del mafioso, snaturando il valore del simbolo religioso che venerano.

 

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About the Author: Giulio Borbotti