Lab-oratorio

Dopo la scuola elementare ed una accentuata curva a destra, la strada provinciale attraversava, su di un ponte, la fiumara del Calopinace, prima di dirigersi, svoltando a sinistra, verso Pavigliana e poi Vinco. Svoltando a destra, invece, ci si dirigeva, lungo la vecchia comunale, verso Riparo Vecchio. Appena superato il ponte, prima del bivio, vi era un edificio ad un piano lungo una quindicina di metri e largo, all’incirca la metà. L’edificio si affacciava sulla vecchia comunale, che da Riparo Vecchio, attraverso un vecchio ponte post terremoto, conduceva al paese. Il cortile invece, confinava con la provinciale e con la fiumara, dalla quale era separato da un moratoriouretto di protezione, eretto sul muro di contenimento. Quell’edificio era stato donato dal commendatore Paolo Vilardi, proprietario della maggior parte dei giardini coltivati a bergamotto e condotti da altrettanti coloni. Era composto di tre ampie sale, oltre al locale cucina ed al gabinetto. Costruito, probabilmente, nell’immediato dopoguerra era stato donato alla parrocchia che lo adibiva ad oratorio. In paese i maschietti, bambini o ragazzi che fossero, frequentavano quei locali soltanto nelle giornate di catechismo o di oratorio, per il resto il campo giochi, come sappiamo, era costituito da ogni dove del paese. Le ragazze invece non avevano il permesso di frequentare il nostro stesso campo gioco, tranne che per qualche campo di nascondino, organizzato in centro paese, o per il classico gioco del “campanile”. Don Pasqualino Suraci pensava a tutto, anche alle ragazze, che se fossero dovute rimanere a casa per tutta l’estate si sarebbero sicuramente annoiate. Ecco allora che aveva organizzato il “lab-oratorio”. Aveva cioè organizzato nei locali dell’oratorio una scuola di sartoria e ricamo. Le ragazze vi passavano le giornate estive. Vi andavano alle nove del mattino ed uscivano alle 17, anche il pranzo lo consumavano nel “lab-oratorio”. Erano bellissime, come era bellissimo vederle arrivare ed andare via, in ciurma festante e variopinta. Ragion per cui, mentre noi bambini ci disperdevamo per il paese, i più grandicelli erano sempre lì sul muretto della provinciale confinante con l’oratorio. Godevano la frescura dei grandi alberi “vagabondi” che vi insistevano. Don Pasqualino “appellava” anche i ragazzi “vagabondi” come gli alberi, anche se, ripeteva spesso, al contrario degli alberi, sanno quello che vogliono. Volevano le ragazze e molti finivano anche per sposarle.  Don Pasqualino era contento del lab-oratorio, perché lì si pregava lavorando e se andava bene si trovava anche marito.

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