USA ed Europa sotto attacco dell’ISIS

di Fabrizio Condemi – che il ruolo di presidente degli USA fosse un ruolo “planetario” e non limitato alla guida della nazione americana, si era capito fin dalla II guerra mondiale. Negli anni passati, infatti, gli Usa hanno svolto il ruolo di “polizia del pianeta”, non sempre in modo impeccabile (vedi Vietnam) ma sempre con lo spirito di salvaguardare quel sistema democratico che il vecchio continente Europa (di cui gli USA ne sono una diretta derivazione) aveva conquistato in millenni di storia ed infinite guerre e conquiste e che viene riconosciuto come l’unico sistema al mondo capace di garantire la vita di una società civile largamente democratica. Sono poche le realtà presenti sulla Terra che possono vantare di aver raggiunto una democraticità totale e trasversale ciraqome quella europea, il Giappone è senz’altro uno di questi, ma la stragrande maggioranza dei paesi che garantiscono tali condizioni sono solo europei o figli della colonizzazione europea (dalle americhe compresi gli stati latini, all’Australia, fino ai paesi africani più civilizzati come il Sudafrica). Il resto del pianeta vive ancora un periodo di evoluzione arretrato rispetto alle conquiste sociali del modello europeo, si pensi alla Russia e ai suoi stati satelliti,  che ancora oggi portano in seno gli strascichi di secoli di regime comunista, alla Cina che scala le graduatorie economiche mondiali costruendo il proprio modello su una assenza quasi totale di democraticità e di liberalità, all’India che sta risalendo ai vertici delle nazioni più progredite sotto il profilo tecnologico ed industriale mantenendo una civiltà che ancora considera largamente diffusa la considerazione della sacralità di animali (vacche, scimmie) e la subordinazione della donna alla figura maschile, tutte conquiste che l’Europa ha, negli ultimi decenni o addirittura secoli, già largamente e totalmente superato. Tra tutti si evidenzia il mondo “islamico” un mondo impropriamente chiamato così (l’Islam c’entra davvero poco essendo una religione del tutto simile a quella cristiana) che raggruppa tutte le nazioni nate dalla implosione della civiltà araba e ottomana che hanno vissuto, dopo lo splendore culturale e artistico del primo millennio, un “medioevo” che per certi versi, quelli di natura sociale su tutti, è ancora presente. In tutto questo l’avvento di un presidente USA “sbagliato” come Barack Obama, un presidente che, per la prima volta nella politica estera americana, ha volontariamente evitato di svolgere il ruolo naturale di salvaguardia del mondo creando nell’arco di poco più di un lustro una preoccupante quanto incalzate ascesa dei modelli antidemocratici. È ovvio che il primo riferimento è alle civiltà che hanno dato vita ai movimenti di al Qaida e ai recenti jihadisti dell’ISIS ma questi sono solo l’apice di una piramide che, se non valutata attentamente può creare dei frutti ben più gravi e terribili di quelli sino ad oggi osservati. Parliamo dell’aver “perso” le alleanze strategiche nel mediterraneo con tutte le conseguenze nate (tra cui i clandestini del mare che affollano le coste italiane), la terribile politica estera di Obama ha infatti abbandonato a se stessi governi di stati che con enormi difficoltà e sacrifici stavano sostenendo la nascita di una coscienza democratica. Parliamo dell’Egitto, della Siria, della Libia, della Tunisia. Parliamo di un Iraq abbandonato a se stesso ancora troppo fragile (le parole del presidente “l’Iraq potrà camminare sulle proprie forze” pronunciate il giorno in cui le ultime truppe americane lasciavano lo stato arabo, suonano oggi come un terribile quanto tragico errore), parliamo di una Russia che, essendosi insinuata al posto degli USA nei punti strategici del mediterraneo (in Siria, in Egitto senza ombra di dubbio) e avendo creato alleanze economiche improbabili solo qualche anno fa con stati come la Turchia (anch’essa abbandonata sia dagli USA che dalla UE che si è posta di fianco ad un eventuale accesso nell’Unione), la Cina e il Brasile (il cui attuale governo, proprio per la particolare politica estera americana degli ultimi tempi, si è dichiarato anti-Usa), si è sentita in forza di poter operare una invasione di paesi democratici (o comunque paesi il cui processo di democratizzazione era ben avviato) come l’Ucraina sapendo che quel “poliziotto” americano, alleato e costola della vecchia Europa, oggi non ha più le armi idonee a contrastare paesi i cui governi non considerano principali i diritti dell’uomo. Ecco che il passo indietro di Obama di qualche giorno fa che “richiama alla armi” i propri concittadini e i maggiori capi di governo planetari suona non già come sirena di un errore posto in essere dalla sua politica estera ma come quello di un uomo che, consapevole del suo ruolo planetario, intende correggere tale errore riabbracciando lo stemma di “primo poliziotto”. Il mondo non era ancora preparato ad un ruolo marginale degli USA nelle politiche interne di questi stati e questo errore di valutazione Barak Obama se lo porterà con se a vita ma la sua intelligenza, di chi capisce il momento storico che la sua nazione e l’intero sistema democratico del pianeta sta vivendo, ha permesso che si suonasse la carica del mondo civilizzato e democratico contro l’ascesa delle barbarie del mondo Islamico. Le immagini di europei vestiti da “guerrieri jihadisti della morte” che decapitano in mondovisione fratelli europei rei solo di vivere in modo democratico, sono davanti agli occhi di tutti e sono immagini la cui brutalità può essere accettata solo da civiltà la cui evoluzione sociale è ferma a parecchi secoli fa. Sono di ieri le immagini del Reality messo in scena dall’ISIS che ha costretto un giornalista britannico, prigioniero da oltre due anni, a commentare positivamente le gesta dei suoi rapitori rivolgendosi non tanto agli stati “rei” di affossare il pianeta quanto a tutti i musulmani di nazionalità europea e americana. L’ISIS, ricordiamolo, è un’organizzazione molto particolare: definisce se stesso come “stato” e non come “gruppo”. Usa metodi così violenti che anche al Qaida di recente se ne è distanziata. Controlla tra Iraq e Siria un territorio esteso approssimativamente come il Belgio, e lo amministra in autonomia, ricavando dalle sue attività i soldi che gli servono per sopravvivere. Teorizza una guerra totale e interna all’Islam, oltre che contro l’Occidente (parla di III Guerra mondiale), e vuole istituire un califfato non si sa bene dove ma i suoi capi sono molto ambiziosi. Adesso si prospettano attacchi aerei contro la Siria e fino  Bagdad degli alleati USA-GB e regimi di stretta contro gli adepti jihadisti e di al Qaida in tutto il mondo occidentale; il sindaco di New York, Bill de Blasio, pacifista e socialista, ha dichiarato l’allerta massima per la città della grande mela che, per la prima volta dopo l’attacco alle torri gemelle, ritorna a sentirsi “in guerra” ritornando ad essere un concreto bersaglio di attacchi islamici. Si prospetta la fine del tempo delle parole e solo Dio saprà se vivremo altri 11 settembre o altre obamaguerre planetarie ma una cosa è certa, quando le parole e la politica falliscono, ce lo insegna la storia dell’uomo, solo le decisioni forti e le regole ferree possono far nascere conquiste per tutti gli uomini. La “chiamata alle armi” da parte del presidente Usa al mondo occidentale, all’indomani di un biennio di scempi, massacri e barbarie in Medioriente, suona tanto come un aver oramai definitivamente sotterrato il calumet della pace e di aver ripristinato l’ascia di guerra e questo, di per se non è un bene ma, nell’ottica di chi legge dall’alto la storia dell’umanità, non si può non capire che ciò fa parte della naturale evoluzione. Si spera di poter avviare un processo di distensione verso il mondo islamico esattamente come avvenne il giorno dopo delle atrocità della seconda guerra mondiale, dove da quelle ceneri nacquero le coscienze dell’umanità intera di concepire, almeno per la sua larga parte, l’assurdità delle discriminazioni razziali e di sesso e facendo si che, tra le altre cose, una società civile come quella degli USA, che non permetteva ai neri di salire sui tram dei bianchi solo qualche decennio fa (fino agli anni’70), potesse finalmente scegliere democraticamente un uomo di colore da far sedere sulla poltrona più importante del pianeta quale quella del presidente degli USA che, da ieri, ritorna ad essere anche quella del “poliziotto” del mondo.

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