Alleanza Calabrese presenta “Ai Confini del Nero” di Mario Merlino

Antologia di giovani che furono valorosi, mai domi testimoni di un tempo eroico

12\10\2014 – Martedì 14 ottobre 2014, alle ore 17,  nei locali della Sala Convegni dell’Amministrazio- ne Provinciale di Reggio Calabria, Alleanza Calabrese presenterà “AI CONFINI DEL NERO” di Mario Merlino. Interverranno l’autore, il sen. Renato Meduri, il dott. Lucio Dattola, candidato a Sindaco della Città di Reggio Calabria. Si ringrazia, per la vicinanza nell’organizzazione dell’evento, il Fronte Nazionale con Pasquale Cordopatri. Durante l’incontro, un particolare momento di riflessione sarà dedicato a Fefè Zerbi, a Cesare Carlo Romano, tra i principali animatori del neofascismo reggino e dei movimenti Avanguardia e Fronte Nazionale, nonché della Rivolta di Reggio ed a Pino Terranova, ideologo antagonista e grande camerata. Ai confini del nero anche loro. Vogliamo ricostruire quella Città degli anni 70’-80’ che i nostri giovani hanno letto sui libri, che hanno amato ma che non hanno mai conosciuto. Vogliamo una Città unita, che gli Uomini e le Donne di Reggio hanno difeso con coraggio e disprezzo della morte. La Reggio che hanno difeso con dignità ed amore. Intorno ad un solo grido: – BOIA A CHI MOLLA!”

AI CONFINI DEL NERO  AUTORECENSIONE

copertina AI CONFINI DEL NERODopo “Atmofere in Nero” un altro libro di Mario Merlino di storie narrate. Dalla Repubblica Sociale agli anni di piombo. Cinque racconti più un breve fuori scena da “istrione”. Autentico, però. Cinque i protagonisti che, o per caso o per destino, diventano invito a difendere gli ideali che ci rendono liberi ed a mantenere i sogni che ci preservano giovani. E, siccome furono ossa carene e sangue, si ergono a confronto con ciascuno di noi, ponendo e ponendoci la domanda: “Ed io al loro posto come mi sarei comportato?”. Ho davanti a me, su questa scrivania, dove arrangio anche questo ‘pezzo’, l’ultimo dei miei figli (forse, più esattamente, un ennesimo me stesso ove contemplarmi e compiacermi)… Ai confini del nero, il suo titolo con la copertina grigio-scura e la fotografia realizzata da Simone e ridefinita da Marco. Copertina nata mentre si percorreva la via Tiburtina, poco dopo il complesso carcerario di Rebibbia. Ad altro era rivolta la nostra attenzione, poi questo edificio alto scheletro dismesso senso di abbandono fine di un mondo desolazione (Bakunin rilevava che nello spirito della distruzione si annidano già le premesse dell’edificazione; Nietzsche, filosofo e poeta dal linguaggio asciutto ed abissale ammoniva che ‘là dove ci sono sepolcri, là vi sono resurrezioni’). Ora del tramonto, tripudio e incendio di luci gioco di ombre… L’ora in cui per il filosofo Platone si addensano i pensieri e Giulio Cesare invita, nel silenzio della tenda, di prendere tavoletta e stilo e misurare quanto e come si è vissuto il giorno. Poi Martin Heidegger annota, dopo aver trascorso la notte ospite di un suo ex allievo, mentre, su Friburgo, le bombe alleate si divertono a devastare, annientare, radere al suolo quanto di cultura tedesca ed europea aveva sfidato per secoli il mondo: ‘Il tramontare è diverso dal perire. Ogni tramonto resta al sicuro nel sorgere’. Una copertina che può apparire decadente, con la mia immagine da hippie che non favorisce i colori dell’arcobaleno le api che succhiano il polline le formichine laboriose i bambini che saltellano sul marciapiede… Forse una provocazione, non so. Però non è così: ho sempre a mente il testimone che Robert Brasillach ci ha lasciato, poco prima di essere portato davanti al plotone d’esecuzione, a conclusione di Lettera a un soldato della classe ’40 quella fierezza e quella speranza a cui abbiamo tentato di tenere fede. E la gioia di vivere, senza la quale non vi sarebbe premio, la fierezza finirebbe in testardaggine e la speranza in illusione… Dunque la copertina si offre al mio sguardo e, se fossi capace di usare lo skanner (?), l’avreste anche voi… beh, magari venite a qualche prossima presentazione o l’ordinate in libreria… mi darete ragione. La luce che filtra e colora d’una calda aurea atmosfera il luogo abbandonato alla nientità non può evocare funerei pensieri, lande desolate, malevoli storie. E la luce del sole, pur nel volgersi alle ore della sera, ben corrisponde a quella luce che pervade le storie che compongono il contenuto del libro. Cinque in tutto, come furono in Atmosfere in nero, con qui delle dediche più lunghe e un fuori programma tutto personale. Chi sono i protagonisti di questa raccolta se non, salvo in un caso, persone esistite o ancora esistenti, pur nell’arbitraria rielaborazione di un momento della propria esistenza. Il vero il verosimile la libertà dello scrittore. E ci insegnano che si può avere un animo grande. Si può scegliere, comunque e nonostante tutto, con uno scatto di reni, un attimo di follia, per un sì o per un no e magari senza sapere cosa si cela dietro l’uno o l’altro. Intensità o durata… Negli ultimi anni dietro la cattedra avvertivo l’astrattezza delle idee dei concetti delle teorizzazioni delle visioni sistematiche protese ad essere onnicomprensive e finire per essere divoratrici dell’esistente. E, al contrario, la vecchia storia piena di aneddoti, di uomini e di donne, e dei filosofi che abbracciano i ronzini percorrono le vie di Koenigsberg con il medesimo passo e alla medesima ora cercano l’immortalità bevendo la polvere del ferro limato… Abbandoniamo il mio libro al suo destino… Ogni lettore lo renderà a se stesso con la propria sensibilità attenzione interesse oppure lo respingerà fuori dal proprio mondo. Era forse per questo che Socrate non volle avere nulla a che fare con la parola scritta e Platone rimprovera il dio egizio Toth per aver insegnato agli uomini l’uso della scrittura. Avremmo trovato la nostra strada anche su un libro dalle pagine bianche… Eppure, eccomi qui a scrivere, scrivere per vincere la morte, scrivere per sentirmi meno solo, scrivere per lanciare ponti verso gli altri la natura e, chissà, qualche oscura divinità, scrivere per vanità per dispetto per riderci sopra o per rabbia, per essere fedele ai ‘confini del nero’ dove ho collocato ‘la torre del nostro orgoglio e della nostra disperazione’.

Mario Merlino intervista a Libero

Professore, scrittore, ma soprattutto militante politico legato alla storia della destra e dell’Italia degli ultimi 60 anni. Questo è Mario Michele Merlino, il cui percorso umano ha il suo inizio sulle scalinate di Valle Giulia l’1 marzo 1968 insieme a Stefano Delle Chiaie e ai ragazzi del Fuan Caravella, per “non perdere quell’occasione del ’68”. Dopo un volume sugli eventi del marzo 68 e i racconti Atmosfere in Nero, Mario ci parla della sua nuova fatica Ai confini del nero, libro che ha un filo conduttore che inizia nel ’44, quando un soldato tedesco cercò rifugio nello stesso ambiente in cui lui venne alla luce. Professore, perché Ai confini del nero? “Perché è terra di confine, il luogo dove germogliano l’eresia, l’irriverenza, la sfida, là dove lo spirito libertario dello scrittore, quell’anarco-fascismo tanto caro a Robert Brasillach e al sottoscritto, entra prepotentemente e domina la scena”. Un sequel di Atmosfere? “No, Atmosfere fu un esperimento narrativo, cioé passare dal saggio congeniale ad un professore di storia e filosofia alla narrazione, perché il narrare ha di per sé un grande potere comunicativo che ho appreso grazie all’amico Ugo Franzolin, reporter di guerra della Decima”. Ma che cos’è in due parole Ai confini del nero? “Dietro la tragedia immensa della guerra e soprattutto dei vinti, rimane la giovinezza la gioia di vivere l’amicizia, diciamo pure, l’amore… Certo non quello di guardare dal buco della serratura la cameriera spogliarsi, ma – che, poi, è il motto della mia nobiltà – faccia al sole e in culo al mondo!”. Ci parli del tedesco… “Il 2 giugno 1944 mio padre fu testimone dell’arrivo di un soldato tedesco in un convento, stesso luogo e stesso momento in cui io venivo alla luce. Il soldato lasciò il fucile e, vede, qualcuno doveva raccoglierlo per continuare l’eterna lotta del sangue contro l’oro…”.
di Marco Petrelli

Il Presidente Enzo Vacalebre

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