Riforma del Lavoro: si alla Camera. Riesplode la tensione in casa “dem”.

lavoro-300x154La riforma del lavoro, altrimenti detta Jobs act, ottiene il si della Camera dei deputati, registrando 316 si, 6 no e 5 astenuti. Ma i dati più eclatanti sono due, ovvero la mancata partecipazione al voto di tutta l’opposizione e l’odiosa riproposizione della rottura tra minoranza e maggioranza del maggior partito di Governo: 40 deputati del Pd, infatti, non hanno preso parte alla seduta e, quindi, non hanno neppure votato, mentre due – Pippo Civati e Luca Pastorino – hanno votato contro. Trenta di questi 40 deputati – tra i quali i ben noti Cuperlo, D’Attorre e Bindi – hanno anche redatto un documento in cui spiegano le motivazioni che stanno alla base della loro scelta. Ma, nonostante quanto verificatosi, il testo del provvedimento è pronto a tornare al Senato, dove la situazione sarà più incandescente, considerati numeri minori su cui può contare l’attuale esecutivo.

pd spaccatoChi pensava, quindi, che le polemiche sulla riforma del lavoro sarebbero terminate, a seguito dell’ultima direzione del Pd, in occasione della quale si erano registrate apertura da parte della maggioranza nei confronti della minoranza proprio in merito all’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, aveva fatto (molto) male i propri conti. La tensione in casa democratica, infatti, è riesplosa con grande fragore, mettendo nuovamente in luce le grandi contraddizioni che si sono lentamente create immediatamente dopo l’elezione di Matteo Renzi a segretario del Partito democratico. Col passare del tempo, poi, è stato un progressivo crescendo di contrasti, polemiche, dure prese di posizione, minacce, passi indietro e molte ambiguità. Ambiguità non solo tra i più accesi sostenitori dell’attuale (non eletto) Presidente del Consiglio, ma anche e soprattutto all’interno di quelli che potremmo definire “parlamentari non allineati”, senza però voler avanzare controversi parallelismi rispetti ai Paesi che, all’interno dello scacchiere politico internazionale, sostengono una posizione di dissenso rispetto al discutibile dominio occidentale. Ormai c’è praticamente ben poco che leghi, se non addirittura proprio nulla, la minoranza del partito alla maggioranza, in ordine alla risoluzione della questione sociale e lavorativa.

Si tratta, in effetti, di posizioni diametralmente opposte che hanno come oggetto principalmente la tutela del lavoratori, ma che sembrano sostanzialmente coincidere su un altro tema di estrema gravità, ovvero la mancanza di difesa di quello che resta del patrimonio economico nazionale che, ormai, da vent’anni è al centro di una progressiva attività di svendita proprio ad opera della sinistra italiana che, da Prodi, giunge sino a Matteo Renzi. Ma le aspre proteste della minoranza, alla fine, non sono state in grado di determinare alcuna modifica in quello che è l’atteggiamento del segretario del Pd, tanto è vero che, dinanzi a coloro che mettono in evidenza la strana posizione assunta dal gruppo dei (pochi) deputati che non si riconoscono più nel Pd e che ritengono che sarebbe più onesto (intellettualmente) lavorare per creare un nuovo movimento dei lavoratori magari con altre formazioni a sinistra del pd, fanno orecchi da mercante e proseguono per la loro strada

Possono essere diverse le spiegazioni, tra le quali la paura che la scelta non venga compresa dagli elettori e dai lavoratori che, soprattutto negli ultimi anni, hanno dato scarsissima fiducia alle varie formazioni della sinistra radicale, nonostante gli aiuti provenienti da parte dei media italiani; la prospettiva, quindi, di creare un soggetto che, come Sel, registri percentuali bassissime, tanto da diventare completamente inutile; e, non da ultimo, il conseguimento del solo risultato di perdere per sempre la poltrona. Non è facile stabilire con assoluta certezza quali scenari si apriranno adesso. Si potrebbe anche pensare ad una ripresa del Patto del Nazareno con Matteo Renzi che, persa (nuovamente) la pace in casa propria, tenti di recuperare il terreno, nel frattempo perso, con Forza Italia, proprio in vista dell’approvazione dei questa riforma e di quelle future.

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About the Author: Luigi Iacopino