L’India vieta il servizio taxi Uber dopo che un autista stupra una giovane cliente

 Le autorità indiane: “il servizio non garantisce sicurezza”

L’India vieta tutti i servizi di trasporto Uber, la multinazionale americana concorrente ai normali taxi che tante polemiche ha creato in diversi paesi tra cui l’Italia, dopo il caso di un autista accusato di aver stuprato nella notte fra venerdì e sabato a New Delhi una giovane passeggera di 27 anni.  è stato arrestato con l’accusa di aver stuprato una sua giovane cliente di 27 anni. Il servizio Uber sarebbe dunque stato messo al bando nella capitale indiana perché non garantisce la sicurezza dei clienti. L’autista è stato arrestato e adesso è in carcere, mentre le autorità hanno intimato alla compagnia internazionale di San Francisco per cui lavorava con il sistema di prenotazioni via app di sospendere il servizio di trasporto, in seguito a questo grave episodio di violenza ai danni di una giovane donna che ha sconcertato l’India e a cui i media hanno dato molto risalto. Persino militanti dell’opposizione hanno manifestato davanti alla residenza del ministro dell’Interno, criticando il governo definito “incapace di tutelare la sicurezza delle donne indiane” ed un centinaio di loro sono stati arrestati dalla polizia. Il presunto stupratore, 32enne sposato e padre di tre figli, per due giorni era sfuggito alla cattura ma e’ stato poi localizzato e si è appreso che nel corso della giornata si sarebbe rifiutato di sottoporsi ad un confronto con la sua vittima, rimasta anonima. Dalle indagini svolte dagli inquirenti sono emersi alcuni particolari sconvolgenti, alla luce di quanto accaduto. Nel 2011 infatti il tassista aveva trascorso ben sette mesi in carcere con l’accusa di violenza carnale da cui però è stato poi prosciolto, ma la Uber era in possesso di un certificato firmato da un responsabile della polizia secondo cui la sua fedina penale era intonsaindia tassista. Il commissario che coordina le indagini di questo caso asserisce però che il documento in questione sarebbe contraffatto, quindi si suppone sia stato falsificato dallo stesso stupratore. In attesa delle decisioni del giudice e del processo, il Ceo di Uber ha diffuso un comunicato in cui si rammarica per l’accaduto e assicura di “voler fare tutto il possibile per consegnare il colpevole alla giustizia ed aiutare la vittima e la sua famiglia”. La nostra compagnia, ha sostenuto, “lavorerà con il governo per stabilire controlli chiari dei precedenti (del personale) attualmente assenti nei programmi di concessione delle licenze del trasporto”. Le autorità indiane hanno però risposto sospendendo l’attività di Uber a Delhi, ma soprattutto in seguito a quanto accaduto, la polizia di New Delhi ha anche presentato una denuncia contro Uber per truffa e per violazione dei regolamenti governativi. Gli investigatori accusano infatti l’azienda di non effettuare i doverosi controlli sulle referenze degli autisti ingaggiati, contrariamente a quanto dichiarato sul loro sito: per questo motivo si profila dunque il reato di truffa nei confronti di tutti i clienti indiani che usufruiscono del loro servizio.

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About the Author: Giulio Borbotti