L’Anassilaos ricorda le donne protagoniste nella Grande Guerra

La storia tramanda in genere le gesta e le azioni delle personalità più eminenti, ma le vicende, piccole e grandi di essa, come le guerre, sono opera di uomini e donne misconosciuti meritevoli comunque di attenzione e rispetto. Questa considerazione ha fatto da filo conduttore alla conversazione,Anassilaos promossa dall’Associazione Culturale Anassilaos nel Centenario della Prima Guerra Mondiale, che il Prof. Antonino Romeo ha tenuto sul tema “Donne nella Grande Guerra”. Come i contemporanei intuirono lucidamente – ha sostenuto il relatore – quella del 1914-1918 fu non soltanto una guerra “grande” per l’estensione e per gli effetti, ma fu anche “totale” perché coinvolse componenti della società, le donne e i bambini, che di solito rimanevano ai margini dei conflitti. Basti ricordare che in quegli anni le donne guidarono i tram, fecero le portalettere, le telefoniste, le contabili, le operaie nelle fabbriche senza dimenticare che, essendo nostro un esercito di fanti contadini, le donne, in massima parte, sostituirono gli uomini anche nel duro lavoro dei campi e nella gestione dell’economia legata alla terra. Né va sottaciuto- ha ricordato Romeo – il ruolo che esse esercitarono dall’inizio e fino al termine del conflitto con i comitati femminili, che operarono per fornire indumenti indispensabili per la guerra di montagna, con le Madrine di guerra che assicuravano ai soldati una qualche forma di solidale vicinanza; qualcuna, come la contessa Lina Bianconi Lavazza organizzò servizi, riconosciuti anche dal Spremo Comando, per fornire notizie alle famiglie dei militari. Accanto ad esse – ha ricordato il relatore – ci furono donne che operarono in zone di guerra e, qualche volta, in prossimità delle prime linee. Furono le crocerossine – e in Italia ne morirono 44 e tre furono fatte prigioniere -; una di loro, Margherita Kaiser Parodi Orlando, medaglia di Bronzo al Valor Militare, è l’unica donna sepolta nel sacrario di Redipuglia, accanto a centomila soldati. Addirittura, in prossimità della prima linea operarono le portatrici carniche, donne che ogni giorno portavano sulle spalle gerle con trenta o quaranta chili di tutto il materiale che serviva ai militari, indumenti puliti, viveri e munizioni. Come tutte le donne, abituate a fare più cose contemporaneamente, mentre procedevano per sentieri impervi, lavoravano a maglia, una calza a salire e una a scendere. Ad una di esse, Maria Plozner Mentil, colpita a morte da un cecchino nel febbraio del 1916, è oggi dedicata una caserma e alla sua memoria di eroina, umile e paziente, è stata concessa la medaglia d’oro al valor militare. In quella guerra che mobilitò milioni di giovani uomini, le Autorità, non solo italiane – ha ricordato Romeo – curarono anche l’organizzazione di case di tolleranza, i “casini di guerra”, previsti già da una prima circolare di Cadorna dell’11 giugno 1915 e dal successivo D.L. Salandra del 22 agosto 1915. Anche queste donne, con la loro attività così imbarazzante, marginalizzata e sottaciuta, contribuirono allo sforzo collettivo della nazione ed anche a loro, impegnate nella infernale trincea del sesso, va oggi una doverosa attestazione di stima ed un riconoscimento di sofferta dignità. E fra tutte le donne schiacciate dal dolore di quella guerra, Romeo ha voluto ricordare Maria Bergamas, la madre triestina che, fra undici salme di soldati senza nome, scelse quella che poi l’Italia tutta avrebbe onorato come Milite Ignoto, simbolo di una inutile strage che sconvolse tanti destini individuali e collettivi.

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