Monterosso Calabro (Vv), la Polizia localizza e cattura pericoloso latitante della ‘Ndrangheta

arresto Polizia21\07\2016 – Nella mattina odierna, personale della Squadra Mobile di Reggio Calabria, collaborato dai colleghi della Squadra Mobile di Vibo Valentia e del Commissariato di P.S. di Polistena (RC), all’esito di prolungati servizi di osservazione e di infiltrazione sul territorio, ha localizzato e catturato, in agro di Monterosso Calabro (provincia di Vibo Valentia), il pericoloso latitante della ‘ndrangheta calabrese A.G., nato a Cinquefrondi (RC), alias “Peppazzo”, posto ai vertici della cosca ALVARO, intesa “CARNI I CANI”, operante a Sinopoli con proiezioni in Lazio ed all’estero.  Era il latitante più longevo della Piana di Gioia Tauro, essendo colpito dall’Ordinanza di Custodia Cautelare in Carcere, emessa in data 17.02.2009 dal G.I.P. presso il Tribunale di Reggio Calabria, per i seguenti reati contestati nell’ambito dell’operazione “VIRUS”, condotta dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria:

  • delitto di cui all’art. 416 bis c.p., per aver fatto parte della ‘ndrina ALVARO, intesa CARNI I CANI, svolgendo funzioni di tramite tra il capocosca A. C. e gli altri associati, trasferendo le direttive ricevute e riportando le notizie di volta in volta acquisite; per aver preso parte alle riunioni mafiose presiedute dall’ A. C.; per aver gestito, anche con funzioni decisionali, volte al riciclaggio valuta estera tra la Calabria, Roma, Milano, Torino ed i Paesi dell’est Europa; per aver mantenuto contatti con soggetti appartenenti alle altre ‘ndrine, finalizzati in particolare alla cessione di armi;

  • delitto di cui agli artt. 110, 648 bis, aggravato dall’art. 7 della Legge 203/91 perché, in concorso con altri soggetti, procedeva all’acquisizione di denaro estero, prevalentemente del tipo dinaro Croati, won Coreani e dollari Coreani di provenienza illecita, ovvero al trasferimento di tale valuta, compiendo operazioni finanziarie, quali transazioni o versamenti, finalizzate ad ostacolarne l’identificazione della provenienza delittuosa, il tutto al fine di agevolare la cosca ALVARO;

  • delitto di cui agli artt. 81, 1 comma, 110 c.p., 10, 12 e 14 della Legge 497/74 e art. 7 della Legge 203/91, per avere, in concorso con S.P. (nel frattempo scomparso), nell’ambito di un medesimo contesto temporale di azione, detenuto e portato in luogo pubblico una pistola calibro 6.65 con relativo munizionamento e due ordigni esplosivi che A. G., A. N. cl. 1986, A. N. cl. 1982 e C. R. cedevano allo S. ed al B., esponenti della ‘ndrina denominata TEGANO di Archi, frazione di Reggio Calabria;

  • delitto di cui agli artt. 110 c.p., e 23, commi 1, 3 e 4 della Legge 110/1975, per avere, in concorso con altri soggetti, detenuto e portato in luogo pubblico la pistola sopra indicata da considerarsi clandestina perché recante la matricola abrasa.

Il ricercato è stato catturato all’esito di prolungati servizi di osservazione svolti in un’ampia zona rurale. Al momento dell’irruzione eseguita in un frantoio, l’A. ha tentato la fuga lanciandosi da una finestra, ma poco dopo è stato raggiunto dal personale operante che lo ha bloccato ed ammanettato. Dopo le rocambolesche fasi della cattura, l’arrestato è stato trasportato presso l’ospedale di Vibo Valentia per essere sottoposto ad intervento chirurgico, poiché, cercando la fuga dal frantoio, ha riportato la frattura scomposta della caviglia.  Il provvedimento restrittivo sopra indicato compendia i risultati acquisiti durante l’attività investigativa che aveva svolto la Squadra Mobile di Reggio Calabria per la cattura di A.C. cl. 1953 (padre dell’odierno arrestato), rimasto latitante dal 9 giugno 2003 al 18 luglio 2005, condannato dalla Corte di Appello di Reggio Calabria, con sentenza del 18.11.2002, per associazione mafiosa, quale promotore, organizzatore e capo dell’omonima famiglia mafiosa.  In tale contesto era emerso un ruolo di assoluto rilievo dell’A.G. nell’organigramma della cosca. I vari accoliti, infatti, non esitavano ad eseguire puntualmente ed immediatamente le direttive da lui impartite anche, perché, probabilmente, ne riconoscevano il ruolo di portavoce del padre boss.  Gli incontri con il padre, dunque, non erano semplici incontri tra padre e figlio, ma vere e proprie riunioni per stabilire le attività illecite della cosca e per ricevere le direttive del boss latitante. L’A. G. era ricercato sin dall’inizio della propria latitanza, allorché riusciva a sottrarsi alla cattura insieme al cugino A. P., nato a Sinopoli il 05.06.1965, catturato in data 20.11.2015 a Melicuccà (RC) da militari dell’Arma dei Carabinieri.  Egli annovera diversi precedenti penali e di polizia per associazione mafiosa, ricettazione, furto, rapina, truffa, riciclaggio, violazioni della legge sulle armi, favoreggiamento personale e procurata inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità. In relazione all’Ordinanza di custodia cautelare in carcere per la quale l’A. risultava ricercato, in data 07.04.2010 il predetto è stato condannato, all’esito del rito abbreviato, alla pena di otto anni di reclusione ed euro 8.000 di multa dal GUP presso il Tribunale di Reggio Calabria. La sentenza di condanna è stata confermata dalla Corte di Appello di Reggio Calabria in data 20.04.2010.

comunicato stampa  – Questura di Reggio Calabria

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