Sindrome di Hikikomori

Quando qualcuno arriva a livelli estremi di isolamento, dalla propria vita sociale, si potrebbe parlare di HIKIKOMORI. Il termine deriva dal giapponese è significa appunto “ritirarsi”. Le cause di auto-emarginazione possono essere molteplici: una particolare condizione familiare, un disagio collettivo o personale, agorafobia, fobia sociale, bullismo scolastico.
La maggior parte degli adolescenti che presenta i sintomi di tale sindrome, trascorre le proprie giornate immerse di fronte un computer o un videogame. I ragazzi si presentano come ipnotizzati e inghiottiti dalla rete, dai vari social network e profili sociali. Impiegano inizialmente più di 3 ore al giorno al computer, dopodiché proseguono connessioni che hanno una durata di oltre 10/12 ore al giorno. Una seconda vita. Una dimensione che si può facilmente gestire e controllare, a cui ci si può facilmente connettere e disconnettere quando se ne ha voglia.
I primi casi di Hikikomori si diffusero per la prima volta in Giappone, poi negli USA e oggi se ne contano parecchi anche in Italia. Le stime italiane procurate dal FENOMCEO (Federazione Italiana degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri) contano più di 240.000 casi in Italia, per la popolazione al di sotto dei 16 anni. Inoltre tra il 2011 ed il 2014, 167.000 ragazzi hanno rinunciato al diploma.
In Giappone, scrittore, registi e fumettisti hanno cercato di riprodurre lo stile di vita di un Hikikomori, riportandone lo stereotipo in tv, sui giornali, sui fumetti attraverso personaggi inventati. Tutto ciò ha reso possibile creare una visione staccata di un particolare stile di vita, riconoscendone i difetti.
Tutt’ oggi resta un problema sottovalutato, nonostante l’ espansione del fenomeno su scala mondiale. Ma è bene comunque sapere che l’unica cura sia quella di avere un aiuto psichico da uno psicologo, uno psicoterapeuta… Importante ovviamente è anche il sostegno familiare. Il focolaio domestico ha sempre svolto un ruolo importante, soprattutto nella vita di un adolescente. L’educazione può essere un’arma per insegnare ai propri figli dove porsi o meno dei limiti, nelle differenti situazioni che la vita presenta.

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