Moneta elettronica. Bene l’implementazione dell’utilizzo, ma occorre una riduzione dei costi delle commissioni

La notizia su un imminente intervento del Governo che interviene applicando sanzioni a coloro che rifiutano il pagamento elettronico, non fa altro che aumentare il malcontento all’interno della Categoria dei benzinai, che come è noto la questione del costo dei pagamenti tramite le transazioni elettroniche è per la nostra Categoria molto gravoso. I gestori sono favorevoli ad una più incisiva diffusione della moneta elettronica che costituisce obiettivo prioritario capace di produrre oggettivi benefici per le imprese, sia in via principale in tema di sicurezza per le gestioni e per i loro dipendenti che per la clientela. Ma le rilevanti commissioni bancarie pagate esclusivamente dai gestori carburanti per le transazioni in moneta elettronica, sono diventate di fatto un costo passivo non più proporzionato al margine. I tentativi di risolvere la questione dei costi in via legislativa, purtroppo, ad oggi non hanno prodotto risultati apprezzabili. Le Federazioni hanno svolto denunce, promosso emendamenti, incontri, assemblee, conferenze stampe, scioperi: tutto vano, il potere bancario ha bloccato e bocciato ogni ipotesi di miglioramento delle condizioni praticate. Le nuove regole europee, conseguenti all’entrata in vigore del Regolamento (UE) 2015/751 del Parlamento Europeo e del Consiglio, il quale stabilisce un tetto massimo alle commissioni interbancarie, pari allo 0,3 per cento del valore dell’operazione per le carte di credito e allo 0,2 per cento per i pagamenti con carta di debito, oggi pienamente operative anche in Italia, non si sono declinate favorevolmente in una significativa diminuzione delle commissioni pagate dai gestori degli impianti di distribuzione carburanti, secondo gli auspici del Parlamento. Pur stando il diverso parere del Parlamento, che ha approvato diverse risoluzioni parlamentari, il Governo non ha inteso intervenire né ha voluto stabilire norme di contenimento dei costi, nonostante sia di gran lunga il maggior beneficiario del gettito derivante dagli incassi della vendita del carburante, anzi cercando ancora una volta di fare cassa applicando sanzioni a chi le rifiuta. Nel ricordare che per i gestori carburanti il margine di guadagno è quantificabile intorno al 2% del prezzo finale incassato, si segnala che i costi per la gestione della moneta elettronica, resa obbligatoria, incidono fino al 60 per cento sul margine percepito, erodendo di fatto qualsiasi guadagno. Ad oggi nonostante ripetuti tentativi di modifica appare evidente che i gestori carburanti, stante la marginalità a voi nota, non possono mettersi sulle spalle l’intero costo del sistema dei pagamenti elettronici, che si mangia il 50% del proprio reddito da lavoro. I gestori non possono lavorare per le banche né per le società emettitrici di carte bancomat o di credito. né tantomeno fare l’esattori per lo stato a costo zero e pagare le commissioni anche sulla quota accise e IVA. A questo punto, di fronte alla sordità del sistema bancario e di gestione delle carte e alla chiusura del Governo, che impone ulteriori balzelli, se non si vuole implementare i costi di gestione delle carte all’interno della filiera petrolifera, il Governo si dovrà far carico di riconoscere perlomeno il costo relativo all’incasso delle accise e dell’IVA che corrisponde mediamente al 65% con un riconoscimento di un credito di imposta a favore dei gestori, altrimenti si prevede oltre ad una estate torrida, un autunno molto caldo su questo fronte.

 

fonte  — http://www.confesercenti.it

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