Fisco, via libera della Commissione bilancio Senato alla web tax

Con il termine  web tax si vuole intendere , nell’era dell’economia digitale, la regolamentazione della tassazione per le multinazionali che operano in Rete mediante e-commerce e pubblicità on line, con l’obiettivo di garantire  trasparenza ed equità fiscale.. La web tax  non è altro che il tentativo di far pagare le imposte indirette alle aziende Over the Top che fanno profitto in diversi Paesi del mondo, ma non utilizzano la partita Iva del Paese in cui erogano i servizi o commercializzano i prodotti. In questo modo si porrebbe fine ad un’elusione fiscale su scala globale di decine di miliardi di euro. La ratio è quella di consentire che società estere  paghino le tasse  nei Paesi dove operano, e non solo in quelli dove hanno domicilio fiscale e legale .Per esemplificare un’azienda digitale che produce reddito in Italia deve essere sottoposta al nostro sistema di tassazione e sottoposta al controllo dell’Agenzia delle entrate.Nel nostro Paese, con la legge di stabilità 2014, si era realizzato un primo tentativo di tassazione dei prodotti digitali. Una misura mai entrata in vigore, perché prima sospesa con un decreto e poi definitivamente abrogata dal governo Renzi (DL 16 del 6 marzo 2014),  che vietava a imprese e professionisti di acquistare servizi pubblicitari online da aziende che non fossero munite di partita Iva italiana. È stato approvato in queste ore all’unanimità dalla commissione Bilancio del Senato l’ emendamento alla legge di bilancio relativo alla Web tax targata Massimo Mucchetti (Pd) che scattera’ dal 1 gennaio 2019 e non più dal primo luglio 2018 come precedentemente stabilito e che porterà alle  casse dell’Erario un gettito più consistente. La nuova base imponibile comprenderà infatti tutti i tipi di attività non solo business to business ma anche  business to consumer.  Lo prevede la nuova versione dell’emendamento alla manovra,  che punta a introdurre un’imposta al 6% sulle transazioni digitali relative a prestazioni di servizi effettuate tramite mezzi elettronici. Entro il 30 aprile 2018 un decreto del ministro dell’Economia individuera’ nello specifico le prestazioni dei servizi da sottoporre all’ imposta. “L’imposta del 6% su ricavi– ha  poi spiegato Mucchetti, presidente della Commissione Industria al Senato – si applicherà erga omnes” .Quindi tutti dovranno pagare il nuovo tributo ma per evitare una doppia tassazione alle aziende italiane che ”direttamente o con stabile organizzazione lavorano in rete” è prevista una  compensazione attraverso la richiesta di accesso al credito d’imposta del valore pari a quello dell’aliquota(6%)e  che, se eccedente, potrà essere utilizzato per diminuire l’importo del versamento di tasse come l’ Ires o l’Irap, l’ Inail ecc”. L’ obiettivo è quello di “rafforzare l’azione” del fisco usando le “informazioni raccolte attraverso il cosiddetto spesometro” . Sulla base delle segnalazioni inviate all’agenzia delle Entrate dagli acquirenti, il Fisco potrà così monitorare costantemente l’attività online di residenti e non residenti.Oltre allo spesometro, un ulteriore metodo utilizzato per verificare se un’impresa ha diritto di accedere al credito d’imposta è dato“dall’accertamento stabile della organizzazione ,“l’introduzione della tassa del 6% gravera’ infatti su tutte le imprese che non hanno nel nostro paese una stabile organizzazione e che hanno effettuato nel corso di un semestre più di 1500 transazioni per un importo complessivo superiore a 1,5 milioni di euro”. Per tassare i big del web, non residenti,  potrebbero essere chiamate in causa banche e istituti finanziari per applicare, in qualità di sostituti, una ritenuta d’imposta non più sul valore delle singole transazioni  effettuate ma sull’ammontare dei corrispettivi percepiti.  Il gettito della web tax all’italiana sulle transazioni per i servizi digitali “potrebbe far recuperare dai giganti del web intorno ai 100 e 200 milioni di euro nei primi anni, e mano a mano che le cose vanno avanti è ragionevole pensare che si possa arrivare a un miliardo di euro. Non una cifra enorme, ma neanche trascurabile” per Mucchetti, anche se lo stesso senatore ha raccomandato “grande cautela” nello stimare il gettito iniziale della nuova imposta anche in considerazione dei tempi di avvio della “macchina” dell’Agenzia delle entrate. Dopo una pausa tecnica legata all’ultimo intervento sul testo si dispone altresi’ che non saranno obbligati al versamento della web tax  le imprese agricole, i soggetti che hanno aderito a regime forfettario o  al regime di vantaggio per i contribuenti di minore dimensione” e i cosiddetti “minimi”. Quanto invece alla proroga del bonus bebè, sarà completamente finanziato per il 2018, con coperture pari a 185 milioni di euro, mentre per il 2019 e il 2020 le risorse finora individuate ammontano alla metà circa di quanto inizialmente previsto: 200 milioni l’anno anziché 403.

 

 

MS

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