Trieste, 3 persone in carcere per false fatturazioni pari a 160 mln di € e 35 mln di evasione all’IVA

In data odierna, le Fiamme Gialle del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Trieste hanno dato esecuzione a tre misure di custodia cautelare emesse dal G.I.P. presso il Tribunale di Trieste nei confronti di altrettanti soggetti di origine campana per reati di auto- riciclaggio, fatture per operazioni inesistenti e dichiarazione fraudolenta. Nel medesimo contesto, il G.I.P. ha emesso anche un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca cd. “per equivalente”, di somme esistenti o che saranno accreditate sui rapporti finanziari, di beni mobili, beni mobili registrati e di beni immobili nella titolarità dei 3 destinatari delle ordinanze, di altri 2 indagati a piede libero nonché di 4 società coinvolte nelle indagini, fino alla concorrenza di € 34.809.877,00.L’indagine, coordinata dalla locale Procura, prende le prime mosse da accertamenti di polizia giudiziaria d’iniziativa in ordine alla cessione della D. C. T. S.p.a., uno dei principali depositi fiscali operante nello stoccaggio di prodotti petroliferi esistenti nel territorio nazionale.I prodromi di questa operazione risalgono a giugno/luglio 2016 quando veniva contestato l’omesso pagamento di accise sulle estrazioni di carburante effettuate da una società maltese e dalla omologa italiana (con sede a Roma) per importi di oltre 20 milioni di euro, nonché da altre società. A seguito della rilevante esposizione debitoria con l’Erario, le quote societarie della D. C. T. S.p.a., di proprietà della G. B. S.p.a., venivano cedute, a metà del 2017, alla L. S.r.l. per un corrispettivo di 4,5 milioni di euro, di cui 1 milione versato, accettando l’offerta di D.R.G., S.R. e F.P., soggetti aventi specifici precedenti di polizia per associazione a delinquere.

La predetta cessione di quote societarie alla L. S.r.l. ha evidenziato, da subito, alcuni elementi di anomalia, sostanzialmente connessi all’irrilevante profilo finanziario e patrimoniale della società e per il corrispettivo pattuito pari a quattro milioni e mezzo di euro, apparso ingiustificato, in considerazione della grave situazione patrimoniale in cui versava al momento della compravendita azionaria la D.C.T. S.p.a., gravata da un enorme posizione debitoria verso l’Erario, pari ad oltre 30 milioni di euro.

Da un esame dei dati di bilancio disponibili è emersa l’ipotesi che la provvista finanziaria propedeutica all’effettuazione dell’operazione sia stata creata attraverso l’immissione nella L. S.r.l. di proventi illeciti derivanti da reati fiscali perpetrati dalla controllata P.I. S.r.l.. Dopo l’esame di oltre 300 rapporti bancari e postali e l’esecuzione di oltre 30 perquisizioni, nel corso delle quali si è proceduto al sequestro di copiosa documentazione amministrativo–contabile ed extra contabile e di numerosi personal computer e telefoni cellulari, gli accertamenti svolti hanno evidenziato che la P.I. S.r.l. è stata coinvolta, assieme alla L. S.r.l. e ad altre imprese, tutte riconducibili “di fatto” ai medesimi soggetti di origine campana, in una articolata frode all’IVA perpetrata, nel settore petrolifero, attraverso la cd. frode “carosello”, a mezzo della interposizione di imprese cd. “cartiere”, risultate prive di strutture aziendali e personale dipendente, nell’ambito di operazioni soggettivamente inesistenti.

Pari a circa 160 milioni di euro l’ingente debito verso l’Erario, poi mai assolto, che ha determinato un’evasione dell’IVA pari a circa 35 milioni di euro. Secondo il peculiare schema delle cd. frodi “carosello”, le “cartiere”, pur formalmente riconducibili a soggetti “prestanome” nullatenenti, sono risultate tutte gestite di fatto dai promotori del sistema evasivo i quali, tramite complessi artifici, hanno tentato di ostacolare la ricostruzione dell’effettività delle operazioni: sfruttando indebiti titoli per la non imponibilità I.V.A., hanno ascritto in capo alle citate imprese “cartiere” il rilevante debito erariale; tali imprese sarebbero poi state destinate a cessare nel più breve tempo possibile.Parte dei proventi illeciti conseguiti attraverso le condotte delittuose di natura fiscale è stata poi utilizzata dal sodalizio criminale, nel giugno del 2017, per l’acquisizione del deposito costiero triestino, attraverso l’impiego di una provvista finanziaria di oltre euro 1.800.000,00. Tale fattispecie integra il reato di “autoriciclaggio” che, dal 2015, sanziona le condotte di chi impiega, sostituisce o trasferisce in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro o altre utilità frutto della commissione di delitti. Nel caso di specie, l’acquisto del deposito triestino è apparso prodromico a favorire la prosecuzione della frode, l’acquisizione di nuove “fette” di mercato, a danno delle imprese “sane” che operano nel rispetto della legge.

fonte  —  http://www.gdf.gov.it/stampa/ultime-notizie/anno-2018/maggio/tre-persone-in-carcere-per-false-fatturazioni-pari-a-160-mln-di-euro-e-35-mln-di-evasione-all2019i.v.a

banner

Recommended For You

About the Author: Redazione ilMetropolitano