Election’s day in Venezuela: Maduro corre per il 2° mandato

 

Elezioni presidenziali oggi 20 maggio in Venezuela. Elezioni illegittime”, “Elezioni farsa”, “Democrazia violentata” sono alcune delle espressioni utilizzate da parte non solo dell’opposizione venezuelana, ma anche di molti paesi e organizzazioni internazionali. L’accusa è che questa tornata elettorale non possa garantire al popolo venezuelano di esprimere la propria volontà politica in modo democratico e trasparente. In queste ultime settimane, tanti hanno chiesto al Presidente Maduro di rimandare le elezioni: dalla Conferenza Episcopale Venezuelana, al Gruppo di Lima (di cui fanno parte 11 paesi latinoamericani e il Canada), l’Unione Europea e gli Stati Uniti d’America.

I venezuelani che si recheranno alle urne per eleggere il nuovo presidente potranno scegliere tra Maduro, del Partido Socialista Unido de Venezuela (PSUV), che corre per il secondo mandato, e Henry Falcon. Molto probabilmente il presidente Maduro vincerà le elezioni con un’ampia maggioranza, visto che ha ancora una popolarità pari a circa il 20%, che l’opposizione non andrà a votare e che gli indecisi preferiranno recarsi alle urne per non correre il rischio di perdere cibo e alcuni sussidi governativi. Sarà quindi probabilmente riconfermato il presidente che ha governato durante la più grave crisi economica degli ultimi decenni, senza essere in grado di contrastarla, anzi contribuendo ad aggravarla con politiche economiche errate. Anche se da anni il governo non pubblica statistiche attendibili sul tasso di crescita o sull’inflazione, ci sono sufficienti informazioni per affermare che la situazione economica sia drammatica a causa dell’iperinflazione e del crollo della produzione aggregata.

Ma come è possibile che in Venezuela, che era uno dei paesi più ricchi dell’America latina, manchino beni di prima necessità come il cibo e le medicine? Ma come è possibile che il Venezuela, che è stato tra i più grandi esportatori di petrolio e che si stima possegga le più vaste riserve di petrolio al mondo, abbia quasi dimezzato il prodotto interno negli ultimi quattro anni? Anche se la ricerca delle responsabilità di questa tragedia potrebbe risalire ad alcuni decenni fa, gli errori che sono stati compiuti nel corso degli ultimi  anni sono sufficienti per spiegare la situazione attuale.

Hugo Chávez, che ha governato il paese fino alla sua morte nel 2013, ha avuto la grave responsabilità di non aver sfruttato la fase del prezzo alto del petrolio per creare nel paese le condizioni per uno sviluppo sostenibile e duraturo. Il presidente Nicolás Maduro ha portato avanti una politica economica seguendo prevalentemente la stessa impostazione data da Chávez,  contribuendo in modo determinante al peggioramento della situazione economica.

Fino al 2014, quando il prezzo del petrolio aveva un prezzo decisamente considerevole, il Venezuela riceveva molte risorse dalle esportazioni, ma Chávez non solo non accantonò parte dei proventi derivati da esse per far fronte a periodi di possibile riduzione del costo del petrolio, ma anzi sfruttò il momento favorevole per prendere a prestito ulteriori fondi sui mercati dei capitali internazionali. La maggior parte delle risorse però fu spesa in programmi sociali, molto poco fu invece destinato a investimenti produttivi nel settore petrolifero come anche nel resto dell’economia, che sarebbero stati  in grado di aiutare il paese a superare la crisi  e a ripagare i debiti.

La mancanza di investimenti ha progressivamente ridotto anche la produzione di petrolio, trend ulteriormente aggravatosi nell’ultimo anno: nel 2017 la produzione è diminuita del 28% e la quota venezuelana della produzione totale OPEC è scesa al 6%, rispetto a una media del 10%  stimata tra il 1980 e il 2014. Inoltre, disincentivando gli investimenti privati, non è stato possibile diversificare l’attività produttiva in settori come quello manifatturiero e agricolo, che avrebbe aiutato a contrastare gli effetti negativi della caduta del prezzo del petrolio.

Il crollo delle esportazioni e delle riserve ufficiali ha costretto il paese a ridurre fortemente le importazioni, con l’effetto conseguente,  dell’insufficiente disponibilità di beni alimentari di prima necessità. Anche se da anni non vengono pubblicati dati ufficiali, fonti diverse riportano numerosi casi di malnutrizione, specialmente infantile, di carenze dei servizi sanitari di base per la mancanza di medici, emigrati all’estero, e di medicinali.

La crisi economica e sociale, insieme al processo di abbandono della democrazia costituzionale e di accentramento del potere, hanno spinto quattro milioni di venezuelani a lasciare il paese, indebolendo purtroppo le possibilità di una decisiva mobilitazione dei cittadini contro il presidente Maduro, che ha trascinato il paese nel baratro.

Maduro ha  comunque promesso di risolvere la crisi economica del paese e dare l’avvio a una “rivoluzione economica che scuoterà il mondo intero”, e di convocare una grande giornata di dialogo nazionale per arrivare ad un accordo sulla crescita economica e sulla protezione dell’economia nazionale”, combattendo le mafie dell’economia, la corruzione e la burocrazia.  Sarà una “vittoria storica” ha promesso il successore di Chavez ai suoi sostenitori chiudendo la campagna elettorale .

ms

 

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