Fiat: dalla crisi a Marchionne

Ci sono uomini grandi.E poi ci sono i grandi uomini .Quelli destinati a lasciare un segno, un’ impronta indelebile  del loro passaggio per le azioni intraprese, per le scelte effettuate, per quello che sono riusciti a compiere . Emile Durkheim,  noto sociologo francese in un discorso che tenne nel 1883 ai ragazzi dell’ultimo anno di liceo, parlò del ruolo dei grandi uomini nella storia e del significato che deve assumere la celebrazione e la valorizzazione delle eccellenze nel contesto di una società egualitaria e democratica. Ed oggi, nel giorno della ricorrenza della morte  di Sergio Marchionne non si può fare a meno di celebrare l’ eccellenza e il manager dell’ eccellenza per antonomasia.Ripercorrendo le tappe che hanno portato  la Fiat  dalla nascita alla grande crisi e sottolineando  come un uomo è riuscito con impegno e perseveranza, capacità e serietà  a evitare la debacle totale e il fallimento di una tra le più grandi aziende automobilistiche  italiane.

In sintesi:

Fiat,  fabbrica italiana automobili Torino, è una società  costituita nel 1899 per iniziativa di alcuni esponenti dell’ alta borghesia torinese (tra cui Giovanni Agnelli, Ludovico Scarfiotti, Roberto Biscaretti di Ruffia, Alfonso Ferrero di Ventimiglia, Cesare Goria Gatti ed Emanuele di Bricherasio).Le vetture Fiat seppero imporsi subito non solo sul mercato italiano, ma anche su quello internazionale, mentre il marchio Fiat si affermava nelle competizioni automobilistiche.

Con la prima crisi del settore,  nel 1907, la Fiat passò sotto la guida di Giovanni Agnelli, che nel 1912, decise di concentrare la produzione nel campo delle vetture di massa.Dopo un viaggio a Detroit, Agnelli, visitando le grandi officine della Ford, apprese quanto la lavorazione in serie fosse in grado di abbassare i costi e rivoluzionare la produttività di un’ industria. Stabilì pertanto l’ applicazione pratica anche in Italia del un nuovo paradigma industriale concepito da Henry Ford,  basato sull’utilizzo della tecnologia della catena di montaggio, sulla divisione del lavoro e su salari più elevati.

Con la guerra in Libia e la prima guerra mondiale lo sviluppo della Fiat fu assicurato dalle commesse militari.

Nel 1919-1920, denominato “biennio rosso”, la Fiat fu il centro propulsore dello scontro sociale e politico che portò all’occupazione delle fabbriche.

Nel 1923 si inaugurò lo stabilimento del Lingotto e, con la Balilla 508, la Fiat imboccò la strategia della vettura utilitaria, confermata nel lancio della 500 nel 1936.

Nel 1939 fu inaugurato lo stabilimento di Mirafiori con l’obiettivo di incrementare la produzione puntando su modelli di piccola cilindrata, alla portata di tutti.

Sotto la direzione di Valletta, nel 1954 la Fiat presentò la 600, auto costruita in quasi 1 milione di esemplari, e nel 1957 la nuova 500, anch’essa destinata alla motorizzazione di massa.

Gli anni ’50, caratterizzati da una forte repressione anticomunista, iniziano con l’entrata in produzione della 1400, prima auto italiana disponibile in versione diesel.
Presente con propri stabilimenti in numerosi paesi esteri, la Fiat, presieduta nel 1966 da Gianni Agnelli, nipote del fondatore, realizzò anche diversi impianti nell’Italia meridionale,  incorporando progressivamente altre case automobilistiche italiane.

La crisi a cavallo degli anni ’60 e ’70, sollevò pesanti interrogativi sul futuro dell’automobile.

Emersero altre incertezze strategiche, superate negli anni ’80 con il rapido rinnovo dei modelli (Panda, Uno, Regata, ecc.). In particolare la Uno contraddistinse positivamente la gestione del manager Ghidella che contribuì alla ricollocazione della Fiat tra i grandi dell’auto. Il resto lo fecero l’adozione di profondi cambiamenti tecnologici e il nuovo clima di relazioni industriali che,  in seguito allo scontro tra l’azienda e il sindacato, culminò nel licenziamento di 61 dipendenti e nella vertenza dell’autunno 1980: un confronto aspro durato 35 giorni con blocchi di fabbrica e manifestazioni.L’internazionalizzazione della società, già presente negli anni ’70, venne ripresa nel decennio successivo con l’acquisizione dell’Alfa Romeo.

Nell’estate del 1988, lo scontro tra Cesare Romiti e Ghidella si concluse con il rafforzamento del potere nella mani di Romiti.

I primi anni ’90 sono caratterizzati dal lancio della Punto, costruita nello stabilimento di Melfi. Alla Punto sono seguite Bravo, Marea, Palio. Negli anni ’90 sono  creati inoltre impianti produttivi in India e avviati accordi per la produzione di automobili e veicoli industriali in Cina.
All’inizio del 1996 Gianni Agnelli lascia la presidenza del gruppo per raggiunti limiti d’età; gli succede Cesare Romiti, affiancato da Paolo Cantarella nel ruolo di amministratore delegato. Due anni più tardi, al posto di Romiti arriva Paolo Fresco, che nel 2000 sigla l’accordo della Fiat con General Motors Corporation.

L’alleanza con il gruppo americano General Motors,  è sciolta cinque anni dopo con entrambi i gruppi automobilistici in forte crisi. Gli effetti di questa crisi del gruppo FIAT e dell’alleanza con GM si ripercuotono anche su un forte calo delle vendite di tutti i  modelli dovuto anche all’avanzare dei concorrenti,  basti pensare che, se nel 1982 FIAT aveva il 60% del mercato italiano, vent’anni dopo ne  ha solo il 33%.

.Nel 2004, Marchionne viene indicato come Ceo dell’allora Fiat  a pochi giorni dalla morte di Umberto Agnelli, il primo a credere in lui tanto da cooptarlo in Consiglio di amministrazione. Il 2008 è  segnato da una profonda crisi economica che ha  la sua origine negli Stati Uniti d’America e si  diffonde poi in tutto il mondo. Una delle industrie che maggiormente  risente di questo fenomeno è  quella automobilistica. Un Lingotto che è sull’orlo del fallimento.  Un debito che, senza un immediato cambio di rotta per un’azienda che perde più di due milioni di euro al giorno, avrebbe consegnato Fiat alle banche. Non accade.

È giudizio unanime dei critici che Marchionne ripartì da tre punti cardine: la rinuncia degli Agnelli all’esercizio della put option – strategica operazione finanziaria-  che fece incassare al Lingotto 1,55 miliardi; il convertendo, prestito  siglato con i maggiori istituti di credito italiani; il controverso  equity swap nel processo Ifil Exor che consentì alla dinastia torinese di mantenere comunque il controllo della Fiat. Negli anni seguenti, complice l’ottimo andamento delle vendite sul mercato europeo e il boom delle immatricolazioni in Brasile (dove il Lingotto aveva una leadership sul mercato), la Fiat nella seconda parte del decennio 2000-2010 fece segnare una notevole ripresa in termini di redditività e di risultati di bilancio.

Grazie a questi dati arrivò la svolta epocale: l’acquisizione dell’americana Chrysler, fallita nella crisi del 2008 . Nel dicembre di quell’anno, il manager dichiarò che il settore si stava sempre più consolidando e che per resistere alla competizione sarebbe stato necessario crescere di stazza. «Solo quei gruppi che riusciranno a fabbricare 6 milioni di automobili l’anno saranno in grado di resistere in futuro», profetizzò. Era il segnale del colpo che il manager stava preparando: il 20 gennaio 2009 la Fiat annunciò un accordo con l’amministrazione Obama appena insediata, per entrare nel capitale di Chrysler. Inizialmente con il 20% delle quote. Dopo le resistenze dei sindacati Usa e una complicata trattativa con il governo, nasce il sesto gruppo automobilistico del mondo.

Nel primo trimestre del 2011 Chrysler torna all’utile e a maggio 2011, a seguito del rifinanziamento del debito e del rimborso da parte di dei prestiti concessi dai governi americano e canadese, Fiat incrementa la propria partecipazione in Chrysler al 46%. A luglio 2011, con l’acquisto delle partecipazioni in Chrysler del Canada e del dipartimento del Tesoro statunitense, sale al 53,5%, al 58,5% nel 2012. Il 1° gennaio 2014 Fiat Group completa l’acquisizione di Chrysler rilevando il rimanente 41,5% dal Fondo Veba (di proprietà del sindacato metalmeccanico Uaw) salendo al 100%.

L’altra partita estera fu il tentativo di acquisizione della Opel, azienda automobilistica tedesca del gruppo General Motors. Dopo lunghe e difficili trattative sembrava che la “partita Opel” fosse stata vinta dal colosso Magna International. Ma neppure Magna riuscirà nell’intento di acquisire Opel in quanto a sorpresa General Motors, con l’avallo della Cancelliera tedesca Angela Merkel, decise di mantenere e di rilanciare il marchio e la produzione Opel  seppur sacrificando qualche stabilimento.

Nel corso della sua gestione, Marchionne, ha stilato una lista di stabilimenti FIAT da chiudere o ridimensionare, fra i quali quello di Termini Imerese in Sicilia, che occupava quasi 2.000 dipendenti. A cavallo tra gennaio e febbraio 2010, su questo impianto, ci fu un aspro dibattito tra i vertici della casa automobilistica torinese e il governo italiano, discutendosi sia dell’opportunità di tenere aperto lo stabilimento siciliano, sia degli incentivi statali da erogare al settore auto.

Il 13 ottobre 2014  sostituisce Luca Cordero di Montezemolo alla presidenza della Ferrari N.V. e Ferrari S.p.A.

Il 21 luglio 2018 il CdA di FCA – Fiat Chrysler Automobiles  approva la sostituzione di Marchionne, afflitto da seri problemi di salute; John Elkann assume il ruolo di presidente e Louis Carey Camilleri quello di amministratore delegato Ferrari.Nuovo amministratore delegato del gruppo FCA è Michael Manley.

25 luglio 2018 ,  Sergio Marchionne  muore.

Tra le sue frasi più celebri,  si ricorda: «La leadership non è anarchia. In una grande azienda chi comanda è solo. La collective guilt, la responsabilità condivisa, non esiste. Io mi sento molte volte solo». Oppure: «La lingua italiana è troppo complessa e lenta: per un concetto che in inglese si spiega in due parole, in italiano ne occorrono almeno sei».

Miriam Sgrò

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