Riforme insufficienti in Italia

italia vs europaPer il Governo non c’è pace, neppure in Europa. Non passa neppure il tempo perché i rottamatori di Renzi possano tirare una boccata d’aria, che i rapporti con l’Europa – sebbene sia meglio dire Germania – tornano a mettere in luce tensioni e incomprensioni tali, per cui la soluzione di tutto passerebbe soltanto dalle riforme richieste al nostro Paese, per non tacere poi delle gravissime ripercussioni che certe decisioni politiche e normative producono sul nostro tessuto sociale e sulla nostra economia. Ma questo, eccezion fatta per qualcuno (Lega Nord o, almeno, cosi sembra), pare non interessare a nessuno. Non interessa a Renzi che, sebbene in pochissimi se ne siano resi davvero conto, ancora per poco è il presidente di turno del Consiglio dell’Ue, non interessa a buona parte dei rappresenti politici italiani – da destra a sinistra – eletti all’europarlamento e non interessa al mondo sindacale, che si limita alla solita retorica del rapporto tra padroni, ovvero la classe politica italiana, e lavoratori, non riuscendo proprio a capire che, provenendo da Bruxelles tutto ciò che condiziona e determina la politica italiana, gli sforzi devono essere indirizzati vero altri “padroni”.

Angela Merkel, da Berlino, è tornata a tuonare contro il nostro Paese (e contro la Francia di Hollande) rimarcando come le riforme siano ancora insufficienti e precisando ulteriormente che la Commissione Ue “ha stabilito un calendario in base al quale Francia e Italia dovranno presentare misure supplementari”. Insomma, per dirla in parole povere, a noi non spetta nient’altro che eseguire gli ordini. È chiaro il concetto? Le nostre riforme, agli delle istituzioni europee e, quindi, di Berlino, impegnata in una affannosa corsa diretta a tutelare gli interessi dei Paesi del nord, risultano inadeguate, a cominciare da quella sul lavoro.

A replicare alle parole della cancelliera tedesca ci hanno pensato diversi esponenti del esecutivo targato Pd, tra i quali Sandro Gozzi, sottosegretario agli Affari europei, il quale, lasciandosi andare ad una serie di dichiarazioni su Twitter, ha sottolineato come “il nostro scopo, come governo, non è accontentare le agenzie di rating. GoziIl ritmo delle riforme va tenuto alto”. Ma l’esponente del Pd ha anche chiarito che “non sta ai singoli governi giudicare l’operato degli altri stati europei” e che “il percorso delle riforme è giusto”. Non è stato da meno, il sottosegretario Graziano Delrio che ha dichiarato che ognuno deve mettere ordine a casa propria prima di giudicare.

A queste osservazioni pare si sia in seguito adeguato lo stesso Governo tedesco che, correggendo la posizione espressa in precedenza dalla Markel, ha espresso apprezzamento per il percorso intrapreso dall’Italia, rilevano non solo come il Jobs act rappresenti un primo passo importante, ma anche che non tocca al governo tedesco dare consigli ai vicini o ai partner su come rispettare ciò che è stato stabilito a livello europeo.

Il quadro che emerge non è, tuttavia, esaltante. I tentativi di condizionamento, rispetto alle politiche nazionali, da parte di istituti economici, altri Paesi e comitati di ogni tipo, rappresentano un evidente inquinamento dei processi democratici, per non parlare poi del fatto che sfuggono totalmente alla consapevolezza del popolo. Prova ne è la circostanza secondo la quale, ogni qual volta qualcuno sbandieri il fantasma del referendum o di altri istituti di democrazia diretta, burocrati, banchieri, mercanti ed operatori di borsa e finanza, insorgono. E insorgono anche contro quei movimenti nazionali che intendono mettere innanzi a tutto le tutela e la promozione delle proprie economie. Quelli che re Giorgio Napolitano chiama, quasi sprezzantemente, aridi particolarismi, nascondendone la reale potata sociale e culturale.

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About the Author: Luigi Iacopino