Euro: l’asse Renzi-Juncker a confronto con l’asse Salvini-Grillo

Se Matteo Renzi, tra altri e bassi, polemiche e gesti di distensione, sta facendo di tutto per appianare le divergenze con i rappresentanti delle istituzioni europee, Juncker in testa, il leader del Movimento cinque stelle, invece, prosegue con la raccolta firme, annunciata qualche giorno fa, per il referendum inerente l’ipotetica uscita dall’euro. Per certi versi, sembra di ascoltare il segretario della Lega nord, Matteo Salvini, sebbene con un po’ di ritardo. E, infatti, l’eurodeputato lombardo nelle settimane scorse non ha mancato di evidenziare questa ambiguità non solo individualmente del comico genovese, che ha sempre rinviato la questione ad altra data, ma anche collettivamente dei parlamentari pentastellati che sull’argomento sono sempre stati molto evasivi.

Oggi, però, i grillini, con in testa il loro maggior rappresentante, hanno deciso di rompere gli indugi e di accodarsi alla lunga lista di euro-scettici, sia in patria che all’estero, sulla falsa riga di quello che sostengono i leghisti. “L’Italia deve uscire dall’euro prima che sia troppo tardi” si legge sul suo blog nel giorno in cui Beppe Grillo ha presentato alla stampa estera “la proposta di legge di iniziativa popolare per indire un referendum sull’uscita dell’Italia dall’euro.

Questo, infatti, è quanto si legge sul sito del comico genovese, dove è, inoltre, chiarito che “la legge di iniziativa popolare che è stata proposta dal M5S per indire il referendum è di livello costituzionale, questo vuol dire che ha lo stesso livello di importanza della Costituzione”. Secondo i grillini, infatti, sebbene il referendum consultivo non sia previsto dalla nostra carta costituzionale, è comunque possibile prevederlo con una legge costituzionale, giacché si è già verificato in passato (nel 1989). Trattasi quindi di una proposta come legge popolare che i cittadini potranno sostenere con una firma. L’iter, che è tuttavia già iniziato il 13 dicembre scorso, avrebbe già portato, secondo quanto emerso dalla conferenza stampa, alla raccolta di migliaia di firme, ben oltre le 50.000 necessarie. L’obiettivo, in ogni caso, è quello di raccogliere milioni firme, giacché l’iniziativa si concluderà solamente a giugno 2015.

Il Presidente del Consiglio, invece, è impegnato a costruire buoni rapporti con il Presidente della Commissione europea, Juncker. E di passi ce ne sarebbero stati negli ultimi giorni. Se il primo, infatti, ha elogiato il piano Juncker perché, a suo dire, andrebbe nel senso della flessibilità piuttosto che in quello dell’austerità, il secondo, dal canto suo, ha elogiato l’impegno dell’Italia ad attuare le riforme strutturali necessarie e ha deciso di concedere più tempo. In cosa si concretizzerà tutto questo è presto per dirlo. Si dovrà attendere l’inizio del nuovo anno anche se qualcosa già è stato enunciato. Il rischio, in effetti, è che, al di là delle belle parole e delle buone intenzioni, il pericolo si nascondi dietro l’angolo, accompagnato da omissioni o “errate interpretazioni”. Si parla del contributo degli Stati al piano di investimenti per il fondo crescita (per un totale di 315 miliardi di euro nel 2015-2017), da cui potrebbero scaturire violazioni ai vincoli del Patto di Stabilità, che saranno tollerate. Questo, in pratica, potrebbe (il condizionale è d’obbligo) portare a considerare eventuali investimenti fuori dal Patto in questione. Ma se arriva l’ok delle istituzioni europee, arrivano anche le precisazioni della cancelliera tedesca, Angela Merkel, che ha ribadito la necessità di rispettare la flessibilità prevista, entro e non oltre le regole del Patto di Stabilità.

Insomma è un’Italia a due facce, quella che scaturisce dal confronto tra Governo, sorretto soprattutto dal Pd e Ncd, e i due maggiori partiti di opposizione, ovvero il M5S e la Lega nord, che, tuttavia, marciano da soli. Almeno per il momento.

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About the Author: Luigi Iacopino