“Teoria gender e la sfida antropologica”: riflessioni di una donna, madre e moglie come tante altre…

(Riceviamo e pubblichiamo)

famiglia

Sono una donna, una madre, una moglie come tante altre che, incuriosita dalla lettura di numerosi articoli e volendomi fare una idea mia più approfondita, venerdì 30 gennaio sono andata ad ascoltare l’incontro che si è tenuto all’Auditorium “Don Orione” su “Teoria gender e la sfida antropologica”.

Quasi tre ore dense di informazioni che a me personalmente hanno dato parecchi spunti di riflessione, vedendo trattare dal dott. Torri e dall’avv. Amato gli argomenti con serietà e competenza, documentando rigorosamente i loro interventi mai sopra le righe, mai pesanti e soprattutto dai toni mai ostili verso nessuno. Durante la discussione sono state trattate tematiche di grandissima attualità ed importanza tali da meritare approfondimenti continui ed adeguati affinchè l’opinione pubblica possa prendere reale coscienza di quello che sta già accadendo anche in Italia ed in pochi purtroppo, me compresa, sanno. Ho sentito parlare di tentativi di confondere le acque, di far passare attraverso la scuola, a bambini, ragazzi ed adolescenti l’idea che non si nasce biologicamente maschio o femmina ma che il genere è solo una costruzione culturale ed una scelta continua fra circa 77 generi diversi. Ho sentito che questa nuova visione antropologica che di fatto nega la naturale complementarietà maschio-femmina, oltre a non avere nulla di scientifico, oltre a voler essere violentemente imposta nell’educazione scolastica senza il coinvolgimento delle famiglie, ha delle pesanti ricadute sulla società, prime fra tutte cercando di negare che un figlio nasca dal rapporto fecondo fra un uomo e una donna, ma che la vita può iniziare in un laboratorio. E che non importa se a casa c’è un papà e una mamma, ma sarebbero “famiglia” anche due papà o due mamme, anzi, magari! Ho sentito denunciare il tentativo di voler introdurre la masturbazione infantile come strumento educativo per i bambini dai 0 ai 4 anni, e da madre e donna sinceramente mi rende davvero perplessa sulla reale bontà di tali metodi educativi che non fatico a definire come pedofilia. Ho sentito parlare di sfruttamento della povertà delle donne travestito da progresso. Inseminazione artificiale, “donazione” (a caro prezzo però…non solo economico, anche a costo della vita) di gameti, di utero in affitto, tutte situazioni che sfruttano terribilmente le donne, già provate dalla povertà, e le rendono oggetti da usare e buttare via. Mi sono chiesta dove siano finiti oltre quaranta anni di lotte femministe? O forse oggi noi donne teniamo solo al nostro comodo benessere, alla nostra prospettiva di carriera dimenticando che altre donne vengono terribilmente sfruttate anche nella loro condizione più intima. E ancora, nonostante quanto reciti l’art. 7 Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ho sentito parlare di bambini che vengono acquistati come merce ed a cui viene negato il diritto di conoscere ed essere accuditi dai propri genitori (coloro che generano). Ho sentito parlare di bambini che se non soddisfano i requisiti minimi di salute richiesti dalla coppia acquistante verranno abbandonati se non addirittura abortiti. Bambini uccisi come fossero prodotti scartati una volta usciti difettati dalla fabbrica. Bambini che, a dispetto delle direttive OMS, non potranno nutrirsi del latte e dell’amore e dell’affetto e del calore della loro mamma che li ha cresciuti per nove mesi nel proprio grembo. Bambini offesi, feriti e privati delle loro stesse radici, che crescendo ci chiederanno perché e chi ci ha dato il diritto di far loro tutto questo.

Venerdì sera sono uscita da quell’incontro seriamente dispiaciuta. Mi sono sentita nei panni della studentessa che per mantenersi agli studi decide di sottoporsi a cicli estenuanti di stimolazioni ormonali (che provocano effetti collaterali a volte letali) solo per non pesare su una situazione familiare di povertà. Mi sono sentita nei panni della donna indiana che “affitta” il suo utero al miliardario di turno per poche centinaia di euro e deve staccarsi da quel bambino di cui sono stati un’unica cosa per nove mesi, nutrendosi, muovendosi, ascoltando battito cardiaco e voce, nel suo corpo. Ho sentito parlare della legge Scalfarotto che potrebbe mettere a tacere chi come me oserà pensare che tutte queste “conquiste” del progresso siano ingiuste, perchè con questo decreto chiunque oserà opporsi a tutto questo rischia il carcere fino a 6 anni e tutto ciò non è giusto, non è democratico!

L’altra sera sono tornata nella mia comoda casa, dalla mia famiglia con la rabbia di chi vede tutte queste ingiustizie e vede un mondo che tace, per schierarsi a difesa di diritti che sembrano somigliare più solo a dei desideri. No, non è questo il mondo che desidero per i miei figli, non è ad un mondo simile che vorrò consegnarli. Non possiamo fare tutto questo, non sulla pelle dei bambini non sulla pelle delle donne.

 

Sara Pugliatti

 

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