Ma davvero Renzi non pagherà dazio il 31 maggio?

Matteo Renzi Reggiodi Giovanni Alvaro – Renzi, di sicuro, percepisce che le certezze sul suo futuro non sono rosee come sperava e come si augurava. Il suo obiettivo era quello di avvicinarsi, col vento in poppa, alla data prevista per poter usare l’Italicum e poter saldare il conto con la minoranza del suo Partito e, soprattutto, per poter riempire i banchi della Camera di yesman senza dover raccattare sostegni di parlamentari poco affidabili che oggi lo seguono, ma che sono anche pronti ad abbandonarlo se dovessero accorgersi che il tempo di grazia volge al termine. Ma Renzi sa anche che in politica non si può sempre vivere di chiacchiere sulle ‘volte buone’, sull’impegno di voler realizzare le riforme necessarie al Paese ma che non si vedono all’orizzonte e sulla fuoruscita dalla crisi con una ripresa economica sempre più urgente. Proprio per questo vorrebbe bloccare l’innesco del principio della fine e manda in scena una recita, in tre atti, sulle prossime elezioni regionali, costruita in progress via via che percepiva il mutamento degli scenari. Prima dice che non si accontenta di vincere in 6 regioni, ma che li vuole vincere tutte e 7 senza alcuna esclusione convinto che nel Veneto la rottura della Lega poteva giocare a suo favore e che in Campania lo “sceriffo” salernitano potesse far fuori Stefano Caldoro. Poi quando capisce che, forse, ha sperato troppo e l’ha sparata grossa col rischio che il tonfo potrebbe essere troppo fragoroso, dice che per lui è vittoria anche se si finisse col 4 a 3 (ovviamente 4 alla sinistra e 3 ai moderati). Infine per lasciare qualche uscita di sicurezza manda in scena la dichiarazione con la quale fa sapere che il risultato delle elezioni regionali non influirà per nulla sul Governo che presiede. Succo della sceneggiata: il primo atto è frutto della sua baldanza usata per accrescere i saltatori sul proprio carro imbottendoli di certezze di imbattibilità; il secondo per poter cantare vittoria anche se dovesse registrare una brutta sconfitta dato che si parte da 5 regioni amministrate dal centrosinistra e 2 amministrate dal centrodestra; infine la ciliegina sulla torta con la dichiarazione che le elezioni non influiranno sulla vita del Governo. Restare a Palazzo Chigi, quindi, anche se il 5 a 2 di partenza dovesse modificarsi sensibilmente intaccando, per esempio, alcune regioni rosse che sono il lascito dei ‘rottamati’ del suo partito che dinanzi ad una sconfitta hanno avuto il pudore di dimettersi senza se e senza ma come fece il leader maximo D’Alema. Ma Renzi non lo farà. Non si spiega altrimenti l’aver messo le mani avanti sulla non incidenza delle elezioni del 31 maggio sul Governo. Non si è dimesso per lo sfascio economico che non ha saputo arginare, non lo farà ora per una eventuale sconfitta elettorale. Da oltre un anno prende in giro il popolo italiano e intende continuare a farlo usando il giochino delle tre carte. La Consulta gli dice che il blocco delle indicizzazione delle pensioni è stata una rapina del duo Monti-Fornero (con le lacrime di quest’ultima e la sobrietà dell’altro) perpetrata sui più deboli? Lui dichiara che rispetterà la sentenza ma, guarda caso, invece di 18 miliardi ne usa solo 2 continuando la rapina anche e soprattutto sulle pensioni più basse facendo credere che i due miliardi siano una sua simpatica elargizione. L’occupazione non cresce? Tranquilli, lui non si perde d’animo e fa credere che la trasformazione dei contratti da tempo determinato a tempo indeterminato siano nuovi posti di lavoro e l’inizio della ripresa. Il Mezzogiorno è letteralmente abbandonato? Non c’è da preoccuparsi basta promettere ciò che già era in itinere: la conclusione dell’A3 entro il 31 dicembre prossimo. Le tasse aumentano? Suvvia basta negarlo e il gioco è fatto. Un personaggio simile volete che si scomponga per una eventuale sconfitta elettorale? No di sicuro: è certo infatti che parlerà di vittoria anche se il 41% verrà ridimensionato e se perderà qualche regione rossa. Mica è fesso il piazzista fiorentino: da Palazzo Chigi tenterà di non schioderà facilmente. Ma è difficile che il risultato elettorale lo lasci indenne. La sua incapacità di governo e i disastri che continuerà a collezionare col governo dei liceali faranno il resto aprendo gli occhi anche a chi ha scelto finora di rintanarsi nell’astensionismo.

riceviamo e pubblichiamo

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