Rumori molesti e responsabilità penale

17\03\2012 – Ai sensi dell’art. 659 del Codice Penale “Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a €. 309.” E continua, “Si applica l’ammenda da €. 103 a €. 516 a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell’Autorità”. Il suddetto articolo del Codice Penale mira, dunque, a salvaguardare la tranquillità pubblica e la quiete privata: difatti, il “disturbo” punito dall’art. 659 C.p. è inteso in senso lato, tale, cioè, da ricomprendere, non soltanto il “riposo”, ma altresì la “quiete”, che è il bene giuridico tutelato dalla norma ad ogni ora del giorno e della notte, a prescindere da particolari orari lavorativi e da particolari attività svolte. L’art. 659 C.p., spesso, viene applicato dai Giudici per dirimere controversie tra Privati, in particolare tra Condomini, controversie causate da rumori, schiamazzi o strepitii di animali, e lamentati da uno o più soggetti. Recentemente, la Corte di Cassazione si è espressa sul punto, specificamente per il rumore scaturente dal condizionatore e lamentato da un Condomino: con la Sentenza n. 270/12, infatti, la Suprema Corte, adottando la formula assolutoria “perchè il fatto non sussiste”, ha statuito che, se il disturbo, effettivo o potenziale, della tranquillità e della quiete riguarda, non un numero indeterminato di soggetti, ma, soltanto, definite persone, ciò non vale a costituire un illecito “penale”, ma può integrare solamente illecito “civile”, e, come tale, può essere fonte di risarcimento del danno, ai sensi dell’art. 2043 C.C.. Questa pronuncia, del resto, avalla l’orientamento consolidatosi nel tempo: difatti, più volte la Giurisprudenza è intervenuta sul punto, chiarendo che, ai fini della configurazione della Contravvenzione penale ex art. 659 C.p., è necessario che i rumori “molesti” abbiano l’attitudine a propagarsi, cosicchè siano idonei a disturbare più persone, non assumendo, invece, rilevanza la durata del rumore, poiché il riposo delle persone ben può essere leso da un rumore anche solo breve ed improvviso, qualora questo sia, comunque, molto elevato. In tali casi, dunque, compito del Giudice di merito è quello di compiere un rigoroso accertamento tecnico, al fine di valutare, globalmente, tutte le circostanze che accompagnano il propagarsi della rumorosità, e, dunque, non risulta assolutamente sufficiente la valutazione delle sensazioni e delle percezioni avvertite dai soggetti chiamati a deporre in giudizio in qualità di “testimoni”. In ogni caso, non può essere assunta come “scusante” la mancata intenzione di arrecare disturbo alla tranquillità pubblica e alla quiete privata, dal momento che l’elemento soggettivo della suddetta norma, dal quale scaturisce la responsabilità penale, è costituito dalla semplice “volontarietà” della condotta (cd. “suitas”), ossia dalla coscienza e volontà dell’azione, entrambe riconducibili alla volontà del soggetto agente.

Avv. Antonella Rigolino

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