Il problema della “sotto occupazione” delle nuove generazioni

La “sotto occupazione” delle nuove generazioni, risultato di un lungo processo di deterioramento, iniziato ben prima della crisi e proseguito senza interruzione fino ad oggi, è una realtà allarmante, soprattutto se si analizzano i dati riportati dall’Istat sulle forze lavoro in soli tre anni. Dal 2008 al 2011 infatti, l’Italia si è ritrovata con oltre un milione di giovani lavoratori in meno. Il peso della crisi è ricaduto sugli under 35, ovvero su coloro che, vista l’età, meglio potrebbero contribuire allo sviluppo e al rinnovamento del Paese. Nel giro di 36 mesi infatti il crollo degli occupati tra i 15 e i 34 anni è stato pari al 14,8%. La quota diventa ancora più alta se si considerano i lavoratori sotto i 25 anni: per loro si è registrato una caduta del 20,5% (303 mila unità in meno). Una caduta che è stata, anche se solo in parte, rimpiazzata, da un aumento dei lavoratori adulti. Basti pensare che gli occupati appartenenti alla classe 55-64 sono saliti (+15%, +376 mila unità) con lo stesso ritmo con cui si sono ridotti gli impieghi per gli under 35. La situazione giovanile è ben più allarmante: i giovani, hanno subito sia il calo dei contratti a termine sia la drastica diminuzione del numero di quelli indeterminati: i dipendenti under 35 con il posto fisso si sono ridotti in tre anni di 747 mila unità (di cui 190 mila nel 2011). Colpisce ancora di più, il dato riferito alle donne del Mezzogiorno, con la quota di occupate che scende al 23,2%. D’altra parte nel Sud e nelle Isole risulta particolarmente ridotto anche il tasso relativo agli uomini (39,5%), di gran lunga inferiore rispetto a quanto si registra al Nord (61,5%). Inoltre, mentre sempre più under 35 sono fuori dal mondo del lavoro, risultano in progressivo aumento gli occupati con almeno 55 anni, tanto che l’istituto di statistica ha sottolineato come, guardando solo al 2011, a fronte di una forte riduzione dei 25-34enni con un posto (-233 mila) si è registrata una crescita delle persone adulte (+122 mila tra gli over 55). Alla luce dei rilevamenti tecnici, l’osservazione naturale che scaturisce, è quella di una situazione riguardante il mercato del lavoro, che crea disagi e poca tutela nei confronti delle categorie che per adesso son fuori dal meccanismo occupazionale. Ma senza andare lontano e leggere percentuali annue, osservando la realtà che ci circonda, all’interno degli uffici statali e pubblici, delle aziende sanitarie, dei vari luoghi di impiego, si può notare come l’età dei lavoratori, sia superiore ai 50/55 anni: presenze che sostituiscono l’assunzione dei giovani laureati e non, e ritardano il loro ingresso nel mondo del lavoro. Un lavoro che per definizione è diventato per molti precario e senza prospettive di crescita.

Annamaria Milici

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