Sevizio scuolabus condannato per abbandono di minore

27\10\2012 – In tema di minori e della loro tutela giuridica, un caso sottoposto al vaglio della Corte di Cassazione ha visto la condanna di due conducenti di scuolabus, i quali hanno fatto scendere un minorenne a 500 metri di distanza dalla scuola, anziché condurlo sino all’ingresso dell’edificio ed affidarlo al personale didattico: la Suprema Corte ha ravvisato, in tale condotta, gli estremi del reato p. e. p. dall’art. 591 C.p, rubricato “Abbandono di persone minori o incapaci”, i cui commi I° e II° dispongono che “Chiunque abbandona una persona minore degli anni quattordici, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a se stessa, e della quale abbia la custodia o debba avere la cura, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. Alla stessa pena soggiace chi abbandoni all’estero un cittadino italiano minore degli anni 18, a lui affidato nel territorio dello Stato per ragioni di lavoro”. Orbene, l’articolo 591 è collocato nel Libro II°, tra i delitti contro la vita e l’incolumità personale, poichè la ratio della tutela penale accordata da tale articolo ai minorenni ed alle persone incapaci risiede nel loro stato di incapacità di provvedere a se stessi, dal quale deriva il pericolo di danno qualora costoro siano lasciati privi di assistenza. Invero, per costante orientamento di legittimità, l’abbandono è costituito da qualunque condotta, commissiva o omissiva, contrastante con il dovere giuridico di cura e/o custodia gravante sul soggetto agente e dal cui inadempimento derivi uno stato di pericolo, anche solo potenziale, per l’incolumità della persona minorenne o incapace: più specificamente, l’interpretazione estensiva della norma prevede che, nel caso di persona minore infraquattordicenne, come in specie, ai fini della configurazione del reato ex quo non è neppure necessario che preesista in capo al soggetto agente un obbligo di cura e/o custodia nei suoi confronti, obbligo che, invece, è necessario in relazione alle persone incapaci, poiché per il minore di anni 14, anche a prescindere da uno specifico obbligo di cura e/o custodia nei suo riguardi, l’incapacità di provvedere a se stesso è presunta dalla legge, ritenendosi pacificamente che, prima dell’età pubere, non si può considerare concluso il processo formativo della persona. Pertanto, avallando tale humus giurisprudenziale, nonché i due giudizi di merito di I° e II° grado, gli Ermellini, con la Sentenza n. 11655/12, V° Sezione Penale, hanno rigettato le tesi difensive dei due imputati, i quali hanno invocato, a loro discolpa, la mancanza dell’elemento l’elemento materiale e di quello psicologico del reato, cioè l’effettivo pericolo in capo al minore e la necessaria rappresentazione dello stesso, ed hanno condannato il comportamento dei due autisti, ritenendo che “l’azione illecita consiste nell’abbandono e non già nel pericolo che ne è la conseguenza. Pertanto, ai fini dell’elemento soggettivo della fattispecie, non rileva che il soggetto agente abbia sottovalutato il rischio (tanto incombente che esso ebbe a verificarsi in concreto) a cui andava incontro il minore, nella convinzione che nulla gli sarebbe occorso in pregiudizio alla sua incolumità, ma soltanto la completa rappresentazione della situazione di abbandono in cui il minore versava. In sostanza ogni abbandono deve essere considerato pericoloso poiché l’interesse tutelato dalla norma penale si focalizza sulla violazione dei doveri di custodia del minore”. Secondo gli Ermellini, quindi, l’azione illecita dei due conducenti è consistita nell’aver abbandonato del minore, ossia nella violazione del dovere di accompagnamento sino alla struttura scolastica e nel mancato affidamento del ragazzino al personale didattico, e non, invece, nel “pericolo” che è la conseguenza di tali violazioni. Peraltro, secondo i Supremi Giudici, la distanza di 500 metri tra la discesa dal pullman e l’ingresso dell’edificio scolastico, era, comunque, tale, da rendere, non soltanto “possibile”, ma addirittura “probabile” lo scivolamento sul terreno stradale, insidiato da neve e ghiaccio: nel caso di specie, infatti, il minore, costretto a percorrere a piedi i 500 metri per raggiungere la scuola, è effettivamente caduto in terra, procurandosi lesioni al volto. Avv. Antonella Rigolino

 

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