Recenti studi statistici confermano un unico dato: in Italia aumenta la povertà!

di Fabrizio Condemi – Precari da giovani, poveri da anziani. Questa è la sintesi delle prospettive di lavoro per i giovani italiani. A farla – riassumendo gli effetti della riforma Fornero su chi oggi non ha un lavoro stabile – è l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. In Italia, spiega l’Ocse, accusando il “metodo contributivo” e l’assenza di pensioni sociali, “l’adeguatezza dei redditi pensionistici potrà essere un problema” per le generazioni future, e “i lavoratori con carriere intermittenti, lavori precari e mal retribuiti sono più vulnerabili al rischio di povertà” durante la vecchiaia.  L’Ocse rileva come il metodo di calcolo del sistema contributivo sia “legato strettamente” all’ammontare dei contributi, e lamenta il fatto che “l’Italia non preveda alcuna pensione sociale per attenuare il rischio di povertà degli anziani”. L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ripropone così una delle critiche più forti alla riforma dell’ex ministro del lavoro Elsa Fornero, dicendo chiaramente che chi entra oggi nel mercato del lavoro dovrà aspettarsi una pensione più bassa rispetto agli standard attuali, con un autentico rischio di povertà per i precari. Per cui la posizione del giovane italiano, parliamo degli under 35, ovvero coloro i quali stanno per metter su famiglia, o almeno lo cominciano a desiderare, coloro che nei prossimi anni decideranno il loro futuro da “adulti”, ebbene per loro, viste le prospettive concrete esistenti nel nostro (ex) bel paese, c’è una sola strada per tentare di avere un futuro meno grigio di questi tristi numeri: via! Via dall’Italia. Inesorabilmente. Almeno é quello che viene fuori dagli illustri studi portati a termine dal CENSIS (ovvero dal Centro Studi Investimenti Sociali che è un importante istituto di ricerca socio-economica ):  “L’Italia oltre confine ammonta a oltre 4,3 milioni di connazionali. Nell’ultimo decennio il numero di cittadini che si sono trasferiti all’estero è più che raddoppiato, passando dai circa 50.000 Del 2002 ai 106.000 Del 2012 (+115%)”. Così si esprime il Censis nel tradizionale rapporto sulla situazione sociale del paese nel 2013. “Ma è stato soprattutto nell’ultimo anno- si legge nel rapporto- che l’incremento si è accentuato (+28,8%). Nel 64,1% dei casi si è trattato di giovani con meno di 35 anni. In più, circa 1.130.000 Famiglie italiane (il 4,4% del totale) hanno avuto nel corso del 2013 uno o più componenti residenti all’estero. A questa quota si aggiunge un altro 1,4% di famiglie in cui uno o più membri sono in procinto di trasferirsi”. Le previsioni per l’anno prossimo sono ancora più scoraggianti dei risultati attuali, si prevedono, infatti, degli aumenti di emigrazione di ben oltre il 30% nel solo 2014, calcolati proprio sul tipo di motivazioni che hanno spinto così tanti giovani ad abbandonare l’Italia nell’ultimo biennio. Chi se ne è andato, infatti, sempre secondo il Censis, “lo ha fatto per cercare migliori opportunità di carriera e di crescita professionale (il 67,9%), per trovare lavoro (51,4%), per migliorare la propria qualità della vita (54,3%), per fare un’esperienza di tipo internazionale (43,2%), per lasciare un paese in cui non si trovava più bene (26,5%), per vivere in piena libertà la propria vita sentimentale, senza essere vittima di pregiudizi o atteggiamenti discriminatori, come nel caso degli omosessuali (12%). Nel confronto con l’estero, per loro il difetto più intollerabile dell’italia è l’assenza di meritocrazia, denunciata dal 54,9%, poi il clientelismo e la bassa qualità delle classi dirigenti (per il 44,1%), la scarsa qualità dei servizi (28,7%), la ridotta attenzione per i giovani (28,2%), lo sperpero di denaro pubblico (27,4%).

A chiudere il cerchio ci pensa il Ministero dell’Economia e delle Finanze che dichiara formalmente: Crolla il gettito Iva, così come le entrate derivanti dalle imposte sui carburanti e sul consumo dei tabacchi. Ciò che comunica il Ministero, che sul suo sito pubblica i dati relativi al gettito tributario per il periodo compreso tra gennaio e ottobre 2013, é quanto di più allarmante e disarmante ci possa essere per chi si approccia ad analizzare la situazione socio-economica del paese poiché, il gettito IVA ridotto, significa una sola cosa: che sono in calo i consumi interni e che la recessione economica sta stringendo la morsa attorno al cittadino comune.  Il gettito delle imposte erariali – spiega il ministero – “è sostanzialmente stabile” rispetto all’anno scorso – ma non certo perché il quadro economico complessivo sia migliorato. Il gettito, infatti, è rimasto “sostanzialmente invariato” perché sono aumentate le imposte sui redditi e le imposte di bollo, mentre è crollato il gettito Iva (come detto, per il semplice fatto che si compra di meno) e quello derivante dalle accise sulle sigarette e sul carburante. In uno stato in cui le imposte sul reddito aumentano e diminuiscono i consumi, è uno stato in cui si stanno registrando una serie di scompensi economici che possono essere riassunti in un unico e semplice concetto: un lento, costante, aumento della povertà. Naturalmente il fatto che questi siano dati italiani non devono fare dimenticare che la crisi e la recessione colpiscono molto più al sud che al nord, e che pertanto, gli stessi numeri di cui sopra, calcolati sulla popolazione italiana residente nella parte bassa dello stivale, assomiglierebbero più ad un bollettino di guerra che ad una statistica socio-economica ma questa, del divario nord-sud, si sa, é tutta un’altra storia…

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