Dire alla suocera vipera non è reato

suocera invadente08\02\2014 – Ai sensi dell’art. 594 del Codice Penale, integre il reato di ingiuria “Chiunque offende l’ onore o il decoro di una persona”: tale fattispecie criminosa era stata imputata ad un uomo, il quale, a causa ed a seguito di una forte lite con la suocera, apostrofava per tre volte la medesima agli Agenti di Polizia, intervenuti in loco per sedare la lite, come “vipera”. La donna, prontamente, denunciava il genero per il reato di ingiuria e dopo i due giudizi di merito, che hanno visto l’uomo condannato per tale reato, il caso è giunto in Cassazione, ove, però, gli Ermellini, aderendo alla tesi difensiva dell’imputato, lo hanno assolto “perchè il fatto non sussiste” ex art. 530 comma I° del Codice di Procedura Penale: adottando tale formula assolutoria, i Giudici di Legittimità hanno, quindi, voluto statuire che, nel caso di specie, non sussistono gli elementi integrativi del reato di ingiuria, ossia nè l’elemento della “tipicità” del reato, cioè il rapporto di causalità tra la condotta dell’uomo e l’evento lesivo dell’onore e decoro della suocera, nè l’elemento soggettivo della “colpevolezza”, sia come “dolo” che come “colpa”. A tale decisione i Giudici di legittimità sono giunti analizzando il particolare contesto in cui tale epiteto è stato pronunciato, ossia una lite tra suocera e genero in un contesto familiare teso, e, per di più, epiteto rivolto non specificamente alla donna, ma espresso alle Forze dell’Ordine per “descrivere” la suocera, così come rilevato dalla difesa dell’imputato. Specificamente la Corte di Cassazione, V° Sezione Penale, con la Sentenza n. 5227/14, ha sancito che “Se è vero che il reato di ingiuria si perfeziona per il solo fatto che l’offesa al decoro o all’onore della persona avvenga alla sua presenza, è altrettanto vero che non integrano la condotta di ingiuria le espressioni che si risolvano in dichiarazioni di insofferenza rispetto all’azione del soggetto nei cui confronti sono dirette e sono prive di contenuto offensivo nei riguardi dell’altrui onore e decoro, persino se formulate con terminologia scomposta e ineducata”. A parere insindacabile degli Ermellini quindi, l’espressione “vipera”, “pronunciata dopo un contrasto che aveva determinato l’intervento delle forze dell’ordine e per descrivere, nella concitazione del momento, le modalità dell’azione della suocera, non si connota in termini di offensività idonei a giustificare l’attivazione della tutela penale”.

Avv. Antonella Rigolino

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