Il ministero chiave è quello dell’economia affidato a Padoan

Padoandi Fabrizio Condemi – Dopo aver incassato la fiducia anche alla Camera Matteo Renzi concede a Ballarò su RaiTre la prima intervista da premier in carica. Le telecamere “intervistano” per la prima volta il “baby” premier che senza mezze misure dichiara: “Entro un mese -rispondendo alla domanda sulle coperture per le promesse fatte – stabiliremo un percorso preciso indicando quanto prendiamo e da dove. Per esempio la riduzione della spesa pubblica, recupero denari da patti internazionali”. “La Cassa depositi e prestiti – continua Renzi – ci può aiutare a fare quello che ha fatto la Spagna, per circa 60 miliardi di euro, con un effetto benefico immediato”. Il presidente del Consiglio ha ricordato che “l’Italia ha una tassazione sul lavoro più alta d’Europa e una sulle rendite finanziarie sostanzialmente delle più basse, anche se aumentata di recente”. Dunque un intervento, ha detto ancora, “può essere sui capital gain o sulle transazioni classiche o sui Bot.” L’ex sindaco di Firenze ha poi voluto sottolineare il suo rapporto con il neoministro dell’Economia: “Con Padoan decidiamo insieme”, assicura, sottolineando che “questo è un punto importantissimo.” Ecco il quid. Pier Carlo Padoan, un “matusa” dell’economia assieme al dinamismo del più giovane premier della Repubblica Italiana, renderà?  Vediamo di capire chi é il nuovo ministro del segmento che più di ogni altro dirà se i sogni di Renzi sono di tipo “giovanile”, ovvero quelli che svaniranno alla fine dell’estate, oppure rappresentano lo slancio del nuovo che (finalmente) avanza. Ufficialmente, Pier Carlo Padoan è un tecnico. Già professore alla Sapienza, poi è diventato presidente del centro studi dell’Ocse, incarico che ha ricoperto fino all’altro giorno. I motivi per cui è stato scelto al MEF, però, sono molteplici e la maggior parte di questi hanno poco a che fare con “l’essere tecnico”. In verità, Padoan è sì un tecnico, ma un tecnico “politico” poiché è mosso da una precisa visione delle cose. E’ dichiaratamente di centrosinistra, almeno a giudicare dalle sue idee in fatto di tassazione. Tra le sue ossessioni, infatti, non c’è il taglio alla spesa pubblica (che è un mantra della destra), bensì quello della tassazione. La stampa berlusconiana ha subito gridato al “tassatore”, preannunciando catastrofi per il contribuente italiano, ma la ricetta proposta – non da ora – da Padoan è semplice: spostare la tassazione. Non esplicitamente dai poveri ai ricchi, particolare che lo renderebbe affine alla sinistra vera e propria, bensì da dove non serve a dove serve. Potrebbe sembrare un concetto complicato ma non lo è affatto. Ecco cos’ha dichiarato in una vecchia intervista del 2010: “Le tasse che danneggiano di meno la crescita sono quelle sulla proprietà, come l’Imu, mentre le tasse che, se abbassate, favoriscono di più la ripresa e l’occupazione sono quelle sul lavoro”. Ricapitoliamo, Renzi parla (come la destra recente) di tagliare la spesa pubblica mentre per il suo ministro dell’economia questo non rappresenta una priorità, anzi. Il buon Padoan poi, intende tassare il patrimonio e quindi aumentare, tra le altre cose, l’Imu. Non è detto che glielo lascino fare anzi, visto l’aut-aut di Alfano è più probabile che la patrimoniale, alla fine, non si faccia.  Un altro elemento che rende Padoan un tecnico di “centrosinistra” è la sua non-ossessione per i conti pubblici, al contrario di quanto affermato dal suo premier, “nel medio periodo dovremo intervenire sul debito pubblico” ha dichiarato Renzi. Abbassare il debito e azzerare il deficit sembra proprio essere per il neo-ministro, invece, non un problema assoluto ma relativo. Il fattore di gravità non sta nel fatto che è “grande” ma nel fatto che “cresce” e che è inserito in un contesto di bassa crescita o recessione. Non a caso in un’intervista del 2010 rilasciata a Il Sole 24 Ore dichiarava che “i mercati si spaventano solo quando c’è una rapida progressione del debito”. Insomma il rapporto Renzi-Padoan, quello che più di ogni altro misurerà la forza di questo governo, sembra già destinato ad impantanarsi sulle soliti paludi della “classica” politica della sinistra italiana, peraltro il neo-ministro è stato consulente sia per Prodi che per D’Amato, quindi sa cosa vuol dire la concertazione ma sa anche cosa non piace ad una certa parte della vecchia politica di sinistra di cui ne é stato un fermo rappresentante. Certo appare molto stimato in Europa, elemento essenziale se si pretende di sbattere i proverbiali pugni sul tavolo europeo ma, come sempre, i governi italiani, specie quelli nati “deboli”, devono imparare a battere i pugni sul tavolo del parlamento italiano prima ancora che su quello europeo.

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