Acquistare un prodotto falso non è reato

29\03\2014 – Con la Sentenza n. 22225/12 la Corte di Cassazione, si è pronunciata sull’acquisto online, effettuato da un cittadino italiano, di un orologio “Rolex” falso proveniente dalla Cina, e, intercettato, bloccato, successivamente, alla dogana: gli Ermellini hanno rilevato che tale condotta, sebbene ritenuta illecito di tipo “penale” dalla Direttiva Europea n. 2004/48/CE, direttiva che impone l’adozione di mezzi “effettivi, proporzionati e dissuasivi” per proteggere i diritti della proprietà industriale, non è stata ancora recepita nel nostro Ordinamento giuridico: dal mancato recepimento discende, quindi, in primis, la responsabilità dell’Italia per inadempienza agli obblighi comunitari, ossia al recepimento interno, nel nostro Ordinamento, del suindicato atto comunitario, e, pertanto, la condanna del nostro Paese al pagamento della sanzione comunitaria specificamente prevista.

Tuttavia, nei confronti del cittadino italiano, l’acquisto di un prodotto falso non assume i connotati dell’illecito “penale”, ma di quello “amministrativo” ex Legge n. 99/09, poichè secondo l’insindacabile giudizio della Corte, ai fini dell’illecito penale, é irrilevante l’atteggiamento psicologico dell’acquirente (dolo o colpa), ossia la consapevolezza dell’illecito, essendo, invece, determinante il profitto derivatone: la Suprema Corte ha, infatti, specificato che tale condotta non integra, nè il delitto di “ricettazione”, p. e p. dall’art. 648 del Codice Penale, che punisce chi, fuori dei casi di concorso nel reato, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto, o comunque s’intromette nel farle acquistare, ricevere od occultare, nè quello meno grave della contravvenzione, cd. “incauto acquisto”, p. e p. dall’art. 712 C.P., ai sensi del quale è punito, con arresto o ammenda, chi, senza averne prima accertata la legittima provenienza, acquista o riceve a qualsiasi titolo cose, che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l’entità del prezzo, si abbia motivo di sospettare che provengano da reato.

 Gli Ermellini con tale pronuncia hanno, quindi, depenalizzato la condotta incriminata, statuendo che “il fatto non è previsto dalla legge come reato” ex art. 530 del Codice di Procedura Penale, cancellando, altresì, l’obbligo dell’incauto acquirente di risarcire il danno alla parte civile, ossia all’azienda produttrice del marchio originale, oggetto, poi, di contraffazione.

Avv. Antonella Rigolino

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