Renzi: “meglio gli investitori stranieri”. Ma i dubbi e le perplessità non mancano

Non c’è dubbio. Le ultime considerazione del premier hanno fatto molto rumore e provocato non poche perplessità. Forse questo era proprio nelle intenzioni dell’attuale (non eletto) Presidente del Consiglio del Consiglio. Fare rumore e provocare per ottenere una qualche forma di reazione. Sta di fatto che, quasi solennemente, Matteo Renzi ha affermato di preferire “che arrivi qualcuno dall’estero con soldi veri, piuttosto che presunti capitalisti italiani che hanno fatto finta di investire”. L’espressione, solo in parte condivisibile, lascia aperte diverse possibilità. Perché, se da un lato, è chiaro che l’Italia ha un bisogno vitale di investimenti per far ripartire l’economia, dall’altro è anche vero che favorire gli investimenti stranieri, determinando una sorta di contrapposizione con quelli italiani, non deve assumere il significato di rendere la nostra terra un luogo di (facile) conquista per chi intenda conseguire la possibilità di ottenere molto a seguito della svendita del nostro tessuto economico già di per sé precario, soprattutto con riferimento ai pezzi più importanti della nostra economia. In molti hanno capito il rischio di questo modus operandi, e non solo tra coloro che si riconoscono nella cosiddetta economia sociale di mercato ma anche tra coloro che hanno sempre sostenuto il liberismo economico.

Quanto dichiarato dal senatore di Forza Italia, Lucio Malan, la dice lunga. “Tra poco invidiabili record di pressione fiscale raggiunti e dati sulla crescita sempre più deprimenti – ha, infatti, sostenuto – con il fantasma di una nuova manovra autunnale che turba i sogni degli italiani, l’unica soluzione immaginata dal governo per rilanciare il Paese è quella di svendere all’estero pezzi importanti della nostra economia, com’è’ appena accaduto con il 35% di Cdp Reti, società’ che detiene il 30% di Snam Spa, che la Cassa Depositi e Prestiti ha ceduto alla State Grid Corporation of China. Tutto questo mentre Parlamento e Paese sono bloccati sulle riforme. A questo punto – ha continuato – prendiamo atto che l’unica strategia chiara del governo sembra quella di utilizzare le riforme come arma di distrazione di massa per nascondere la propria incapacità’ ad affrontare l’emergenza economica”.

Una parte del pensiero del Segretario del PD, nel momento in cui dichiara che “in Italia sono 30 anni che vediamo sempre quelli, quelli dei salotti buoni, pero’ alla fine non hanno creato posti di lavoro”, è chiaramente condivisibile. Tuttavia non è sufficiente a sbrogliare il bandolo della matassa. Perché, se è vero che ci sono capitalisti che stanno dentro i salotti che contano della finanza e che, nonostante comprano aziende, i posti di lavoro non crescono e la crescita economica nazionale viene in tal modo bloccata, è pur vero che nel nostro Paese è necessario sorreggere le piccole e medie imprese, ovvero i piccoli e medi imprenditori che hanno trainato il Paese per decenni e che sono stati strozzati dalla crisi senza che nessuno spalancasse loro le porte, fornendo un aiuto concreto. Probabilmente aprire il Paese ai capitali che possono provenire dall’estero potrebbe scuotere la nostro economica, ma considerando la composizione del tessuto socio-economico del nostro Paese che non è stato mai “sorretto” da grandi capitalisti, quanto piuttosto dalle piccole e medie imprese, bene farebbe l’ex sindaco di Firenze a pensare a come mettere gli imprenditori italiani capaci, e soprattutto i giovani con nuove idee, nelle condizioni ideali a fare impresa.

Tanto per intenderci, la riforma della pressione fiscale, della burocrazia e della giustizia civile, sono i veri punti di partenza per favorire non solo la ripresa ma anche, possibilmente, la futura crescita, piuttosto che premature o incaute aperture ad investitori stranieri che potrebbero anche ragionare nei termini dell’asso piglia tutto, perché questo tutto viene svenduto. Per non tacere, poi, della revisione della spesa pubblica e dei vincoli europei. Sul fronte europeo, ad esempio, nonostante i proclami di qualche mese fa, non è cambiato proprio nulla.

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About the Author: Luigi Iacopino