Il triste primato che riguarda l’Afghanistan

Sono passati diversi anni ormai da quando la forza multinazionale ha deciso di liberare l’Afghanistan dall’oppressione dei Talebani, responsabili di complicità negli attentati dell’11 settembre. Il Paese proprio in quest’ultimo periodo sta cercando di portare a termine delle elezioni democratiche ma anche stavolta le denunce riguardo eventuali brogli sono innumerevoli.

Il 2010 è stato l’anno in cui l’esercito di pace e liberazione ha avuto le perdite maggiori. Tanti di questi agguati hanno colpito anche i nostri militari che svolgono un’azione di controllo logistico e di addestramento dell’esercito afgano.

L’opinione pubblica è scossa da quanto successo ma molti dimenticano che la guerra è proprio questo, ed è orribile da qualsiasi prospettiva la si osservi. Il fatto di essere tra i paesi più civili e industrializzati del pianeta e di far parte delle Nazioni Unite ci obbliga ad adempiere a quanto stabilito dall’ONU.

Ci sono state critiche riguardo le regole d’ingaggio che limitano i nostri soldati in Afghanistan all’uso delle armi per la sola difesa, tanto che il governo le ha leggermente modificate. ciò nonostante a detta di molti, tali regole espongono i nostri ragazzi a rischi suppletivi. Come in tutti i conflitti a cui hanno preso parte, i soldati italiani si sono sempre fatti apprezzare per il lavoro svolto anche tra la popolazione civile. Ricordiamo che in Afghanistan il 70% della popolazione è analfabeta e il 90% delle donne non solo non può studiare ma è costretto a una situazione di semi-schiavitù, mortificante per corpo, intelligenza e anima.

Basti solo pensare all’obbligo del burka, all’impossibilità di scegliersi autonomamente un uomo da sposare, fino ad arrivare al terribile uso dell’acido che le sfigura. La considerazione fondamentale riguarda però il cambiamento della società in Afghanistan, il quale non passa esclusivamente per le armi.

È indispensabile diffondere cultura e mezzi di comunicazione, fornire al popolo i mezzi per rapportarsi, conoscere e scegliere la strada da percorrere per arrivare a essere una repubblica democratica a tutti gli effetti. Certo, la strada per la libertà è ancora molto lontana ma solo con l’aiuto dei paesi più progrediti la gente potrà assaporare la democrazia e farla diventare un fondamento basilare per i rapporti umani. La Missione in Afghanistan non è ancora arrivata alla fine, ma è un obbligo morale e l’unico modo per bloccare il proliferare di culture razziste e teocratiche inequivocabilmente pericolose per il nostro pianeta.

Fabrizio Pace

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About the Author: Fabrizio Pace

Fabrizio Pace è giornalista e direttore del quotidiano d’Approfondimento on line www.IlMetropolitano.it e dell’allegato magazine di tecnologia e scienza www.Youfuture.it.