Rischi disastro ambientale nel Mediterraneo

Sono ancora vive in tutti noi le immagini del disastro ambientale causato dall’esplosione della piattaforma petrolifera della multinazionale British Petroleum nel Golfo del Messico. Durante la perforazione un’esplosione fece scoppiare un violentissimo incendio causando la morte di 11 operatori e il rovesciamento della piattaforma off-shore stessa. Le valvole di sicurezza del giacimento non hanno funzionato e cosi il greggio a causa della pressione naturale iniziò a diffondersi in lungo e largo. Lo sversamento iniziato il 20 aprile 2010 è terminato 106 giorni dopo, distruggendo praticamente flora e fauna di quei luoghi. Ma cosa succederebbe se una catastrofe del genere avvenisse nel Mediterraneo, o nello Stretto di Messina? Partiamo da alcuni dati: il 20% circa del traffico petrolifero mondiale passa attraverso il mare nostrum, e le trivellazione off-shore sono molteplici. Nello stretto non esistono al giorno d’oggi trivellazioni, ma il traffico su mare è davvero al limite del sopportabile. Infatti campionando l’acqua dello stretto emergono dati allarmati che indicano una presenza di petrolio nelle acque, 10 volte superiore ai mari più inquinati del mondo. I problemi principali risultano essere quello dello scafo e dello stato di fatto delle petroliere, e il risciacquo dei serbatoi fatto direttamente in mare. Non è da sottovalutare il fatto che non esiste un metodo vero e proprio per controllare il traffico in entrata e in uscita di questi mostri a orologeria. Fino a oggi il disastro più grave avvenuto nel Mediterraneo è quello della petroliera Haven nell’aprile del 1991. La nave rimase a galla per 3 giorni e poi si inabissò riversando tutto il greggio in mare. In Italia Legambiente assieme alla Protezione Civile hanno messo a punto un piano di emergenza specifico per rispondere a tali emergenze. Il piano si divide in diversi punti operativi che mirano a tamponare e risanare l’area investita da eventuali maree nere. Il vero problema potrebbe essere quello della presenza di gas all’interno dei giacimenti di perforazione, ma secondo il responsabile sicurezza della Edison, in Italia questo rischio è davvero bassissimo e non ci sono motivi di allarmismo, anche perché la conformazione geomorfologica del Bel Paese ci consente di stare tranquilli.

Salvatore Borruto

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