Annarosa Macrì dedica “Alì voleva volare” a tutti gli immigrati in Calabria

Annarosa Macrì ha dedicato “Alì voleva volare”, Abramo editore, 2010, a tutti gli immigrati in Calabria. Un piccolo libro, tirato fuori dal cassetto il giorno dopo che Rosarno è diventata Soweto, la convivenza difficile dei Rosarnesi con gli Africani intolleranza, il dialogo tra le due popolazioni guerriglia, l’allontanamento dei Neri dalla Piana di Gioia Tauro deportazione. A loro sono dedicate queste storie. Perché la storia si fa con le storie, la storia si cambia con le storie. “Se le avessimo – dice Macrì – raccontate in tempo, forse avremmo fermato la guerra, avremmo costruito la pace. Che c’entra la pace? La pace c’entra. C’é un brano molto bello di Amos Oz, che è un grande scrittore israeliano contemporaneo. Dice che se un israeliano si ferma un attimo a guardare una donna araba affacciata alla finestra, ecco, mette a fuoco il suo volto, adopera lo zoom della curiosità e dell’interesse, guarda insomma le sue rughe e i suoi occhi, il suo sorriso e le sue mani, non potrà esserle più nemico. Quella donna affacciata alla finestra sarà una persona come lui e non potrà farle del male. Ecco perché la pace c’entra, eccome”. Alì voleva volare, che dà il titolo al libro, è un ragazzino marocchino “che ho incontrato – dice l’autrice – a Sellia, nell’inverno del 2000 e ho raccontato la sua storia per i Tg della Rai. Non era né pentito né fiero dell’impresa che aveva compiuto. Doveva farlo, e l’ha fatto. Il fu Victor Flayer l’ho conosciuto per caso a Gizzeria. Gestiva un albergo ed era ubriaco di prima mattina. Ho raccontato la sua storia, che aveva ispirato alcune scene del film “Il cacciatore” con Robert De Niro, in un programma radiofonico di Giovanni de Luna, sul “Paese sera” di Andrea Barbato e su Cittàcalabria di Antonio Minasi. E’ morto qualche anno fa, per il troppo bere e per i rimorsi. Piccolo diavolo nero è la storia di Fiorenza, una giovane donna calabrese che ho incontrato a Gross Gerau a metà degli anni 80. Realizzavo allora una inchiesta radiofonica per Radiouno sulla emigrazione femminile calabrese in Germania, Francia e Svizzera. Aveva ancora sul bel viso incorniciato da una selva di capelli neri le cicatrici delle botte che aveva subito a scuola. La figlia di Teresa l’ho incontrata a Cavallerizzo, subito dopo la frana del marzo del 2000, che ho raccontato per i tg della Rai e molte altre volte ancora, dopo, quando con la madre era sfollata a Cerzeto. L’ho vista rinascere a poco a poco, sorpresa e rivitalizzata dalla solidarietà della gente, diventare improvvisamente bella e ritrovare la sua appassita femminilità. Do pracy, per soldi è la cronaca del viaggio in Polonia Cosenza-Roma-Lublino che ho fatto con una troupe della Rai nel maggio del 2000. Ugo Rendace ha girato le immagini e Salvatore Esposito ha girato insieme a noi. Ventiquattro ore di racconti e di parole e di pianti e di sorrisi incancellabili di donne polacche che vivevano in Italia e che sono diventati una serie di servizi per Raitre.Chi se ne va da Chelm finisce a Chelm è la storia di Alice, una ragazza polacca che ho conosciuto a Cosenza, molto da vicino. Una vinta, per vocazione e per sfortuna, e che adesso è andata a lavorare e a soffrire molto lontano da qui. La sua, insieme alla vicenda di Giovanni, il protagonista di Quattro centimetri di ricrescita, che mi ha raccontato la sua second life in una lunga notte sulla nave che da Patrasso porta a Bari, è l’unica storia inedita di questa breve silloge. Perché le sette storie colte come fiori qua e là per il mondo nel giro di più di vent’anni – tra le migliaia di altre storie che per mestiere e per passione ho raccontato in tv – siano divenuti capitoli di un’unica storia è un inspiegabile affascinante mistero”. Annarosa Macrì, calabrese, dopo la laurea in Lettere all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha frequentato i corsi di Teoria e Tecnica delle Comunicazioni di Massa all’Università Pro Deo di Roma. Una breve esperienza di docente nei licei, e poi, dal 1978, lavora in Rai. Prima come programmista-regista – ha vinto il concorso nazionale che ha costruito il nucleo storico della Terza Rete decentrata – e dal 1988 come giornalista della redazione calabrese. Ha realizzato decine e decine di inchieste e documentari per la radio e per la televisione in Italia e all’Estero – “Canada Canada” ha vinto il Premio nazionale di regia Vallombrosa Tv nel 1984 e il film “L’isola dei tigli”, girato in Germania dell’Est nel 1987, è stato trasmesso con successo da tutte le televisioni europee – e poi innumerevoli servizi per i Tg e le rubriche regionali e nazionali. All’inizio degli anni novanta Enzo Biagi la chiama a lavorare nella sua redazione milanese, per Rai Uno. Partecipa alla realizzazione de “I dieci comandamenti all’italiana”, “Una storia”, “Il fatto”, di cui ha curato l’ultima edizione con Loris Mazzetti. E’ stata la curatrice di “Rt – Rotocalco telvisivo”, l’ultimo lavoro televisivo di Enzo Biagi, e ha realizzato “Rt – Era ieri”, il programma di Rai Tre che ha raccontato quarant’anni di televisione del grande giornalista.

Giuseppe Dattola

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