Giustizia: via libera alla riforma

È stato approvato ieri dal Consiglio dei Ministri un disegno di legge di 18 articoli che modifica la parte della Costituzione dedicata alla magistratura. Ad annunciarlo sono stati il presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, e il ministro della giustizia, Angelino Alfano, al termine di una conferenza stampa svoltasi ieri pomeriggio a Palazzo Chigi. Il presidente del Consiglio ha espresso grande soddisfazione per il via libera del Cdm alla riforma costituzionale della giustizia: «Per la prima volta nella storia della Repubblica è stato elaborato un testo di riforme costituzionali completo, organico, chiaro e convincente». Si tratta dell’annunciata “riforma epocale” della giustizia: «Se fosse stata fatta 20 anni fa, non ci sarebbe stata l’invasione della magistratura nella politica e il cambiamento di un’intera classe dirigente nel ’92-’93 – ha detto il premier riferendosi a Mani Pulite».

Ma in cosa consiste questa riforma?

Per il Guardasigilli Angelino Alfano è il cardine della riforma. Nell’art. 3 di modifica all’articolo 101 della Costituzione, si legge: «I giudici costituiscono un ordine autonomo e indipendente da ogni potere e sono soggetti soltanto alla legge». Mentre all’articolo 5 si stabilisce che «l’ufficio del pubblico ministero è organizzato secondo le norme dell’ordinamento che ne assicurano l’autonomia e l’indipendenza». La riforma varata dal Cdm prevede, inoltre, il ritorno all’inappellabilità delle sentenze di assoluzione in primo grado. All’articolo 11 della Costituzione, dopo il comma ottavo, è aggiunto il seguente: «Contro le sentenze di condanna è sempre ammesso l’appello, salvo che la legge disponga diversamente in relazione alla natura del reato, delle pene e della decisione. Le sentenze di proscioglimento sono appellabili soltanto nei casi previsti dalla legge». Resta l’obbligo per i magistrati di promuovere l’azione penale, ma secondo «criteri indicati dalla legge».

Le toghe verranno parificate agli altri dipendenti pubblici e saranno responsabili civilmente degli atti compiuti in violazione dei diritti. Nel Titolo IV della seconda parte della Costituzione, dopo la sezione II, è inserita una sezione II-bis: «I magistrati – si legge nel testo di riforma – sono direttamente responsabili degli atti compiuti in violazione di diritti al pari degli altri funzionari e dipendenti dello Stato. La legge espressamente disciplina la responsabilità civile dei magistrati per i casi d’ingiusta detenzione e di altra indebita limitazione della libertà personale. La responsabilità civile dei magistrati si estende allo Stato».

I componenti eletti dal Parlamento «sono scelti – prevede la riforma – tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati dopo 15 anni di servizio», quelli eletti da giudici e pm «sono scelti, previo sorteggio degli eleggibili, tra gli appartenenti alle rispettive categorie». La Corte di disciplina elegge un «presidente tra i componenti designati dal Parlamento», durano in carica 4 anni e non sono rieleggibili. I provvedimenti presi dalla Corte possono essere impugnate in Cassazione. Al ministro della Giustizia spettano la funzione ispettiva, l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia. Riferisce ogni anno alle Camere sullo stato della giustizia, sull’esercizio dell’azione penale e sull’uso dei mezzi di indagine. Quanto all’entrata in vigore della riforma e i suoi effetti sui procedimenti in corso, all’articolo 17 si legge: «I principi contenuti nella presente legge costituzionale non si applicano ai procedimenti penali in corso alla data della sua entrata in vigore». Infine, all’articolo 18 si legge: «La presente legge costituzionale entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica».

Filippo Turiano

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