Libia, la Nato verso il controllo della no-fly zone

Il Consiglio Europeo sulla crisi libica ha preso delle decisioni importanti sul prosieguo delle operazioni militari. Di fatto è stato dato uno stop alle operazioni, che riprenderanno solamente quando i civili saranno messi in sicurezza. «Le operazioni militari si concluderanno quando la popolazione civile sarà al sicuro dalla minaccia di attacchi e quando gli obiettivi della risoluzione 1973 saranno raggiunti», si legge in un passaggio del testo adottato dalle nazioni europee. L’Unione nel documento riconosce che l’attività svolta dai volenterosi ha contribuito a salvare parecchie vite umane e si è detta pronta a bloccare tutti i redditi del Rais, derivanti dal petrolio e dal gas. «L’Unione europea è pronta ad impegnarsi ad adottare nuove sanzioni, tra cui misure per garantire che i redditi del petrolio e del gas non arrivino più al regime di Gheddafi» proseguono gli alleati europei nel testo, al fine di evitare  possibili reclutamenti di mercenari pronti ad essere utilizzati nel conflitto. Inoltre tali proposte di sanzioni saranno portate all’esame del consiglio di sicurezza dell’Onu alle prossime riunioni. La pressione sugli stati europei affinché si inasprissero le sanzioni verso la Libia è arrivata principalmente dalla Germania che, secondo fonti certe, ha voluto fare vedere come gli stia a cuore la situazione, anche non avendo interessi economici in terra africana. Tutto questo ha provocato qualche mugugno perché, sempre per le fonti: «La Germania non ha praticamente interessi economici in Libia, altre capitali sì». Il presidente Sarkozy giustifica l’intervento e la fuga in avanti transalpina dicendo che: «L’intervento ha evitato migliaia e migliaia di morti. Se i soldati rientrano nelle caserme, fermeranno l’assedio alle città, non minacceranno più la gente, allora, diventerà un problema che riguarderà solo i libici». Sarkozy nel corso della conferenza stampa a margine del vertice europeo ha proseguito: «Serviva evitare che vi fossero morti per la follia barbara di un dittatore. Se la coalizione non avesse agito, in pochissime ore la popolazione di Bengasi sarebbe stata vittima di un massacro, come accadde a Srebrenica nel luglio 1995. Ottomila persone furono assassinate perché la Comunità internazionale a quel tempo non prese le misure necessarie ad impedire questo massacro di musulmani bosniaci da parte di serbi».

Salvatore Borruto

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