Le radici della ‘Ndrangheta

Che la ‘Ndrangheta avesse propaggini assai forti all’estero non è certo una novità, ma che in almeno due Paesi, come Germania e Canada, ci sia una struttura gerarchica simile a quella del reggino e che, soprattutto, gli ordini vengano solo da Reggio Calabria e provincia, emerge oggi, per la prima volta, dall’operazione ‘Crimine 2’. Oltreoceano i boss calabresi hanno, infatti, storiche diramazioni in Canada e l’indagine firmata dal Procuratore Giuseppe Pignatone, dagli aggiunti Michele Prestipino e Nicola Gratteri, e dai pm Antonio De Bernardo, Giovanni Musarò e Maria Luisa Miranda, ha fatto luce su alcune cellule presenti a Thunder Bay e Toronto. Nella prima città l’organizzazione era guidata dai Bruzzese e dai Minnella, originari della Locride. A Toronto, invece, C.V. è considerato un uomo dei Coluccio di Gioiosa Jonica e Marina di Gioiosa, sempre nel mandamento della Jonica reggina. Resta solidissima anche la presenza della ‘Ndrangheta in Germania, ben al di la’ di quello che aveva già segnalato la strage di Duisburg del Ferragosto del 2007. A Singen Rielasingen, ad esempio, il “capo locale” era B.N.. La polizia tedesca è riuscita a registrare una riunione nella quale si ‘formava la società’ (riunione di persone appartenenti a diversi ‘locali’, ossia diverse aree) e si discuteva di affari e strategie. Accordi sarebbero stati posti in essere anche con i clan di Frauenfeld in Svizzera e con Francoforte. N. sarebbe però agli ordini di don Mico, il vecchio capo dell’onorata società di Rosarno (Reggio Calabria), il cui ruolo era stato portato alla luce nell’operazione Crimine 1 del luglio dell’anno scorso. Non il capo della ‘Ndrangheta assoluto, come erroneamente si era detto all’epoca, ma il “custode delle regole” della ‘ndrangheta, l’uomo chiamato a dirimere i contrasti. Don Mico, insomma, girava in motoape nel suo paese e vendeva piantine al mercato ortofrutticolo, ma era il capo riconosciuto cui fare riferimento nei momenti di divisione. Proprio al fine di monitorare l’evoluzione delle dinamiche criminali che si svolgevano in Germania, procedendo in rogatoria con le autorità tedesche, lo sviluppo delle indagini ha consentito di registrare una serie di conversazioni, che hanno permesso di ampliare le conoscenze investigative riguardo ad alcuni personaggi, di origine calabrese ma dimoranti in Germania, in stabile contatto con N. e con lui associati. Attraverso le intercettazioni, si è avuta conferma dell’ esistenza di due gruppi criminali: uno facente capo a N., l’altro ad un personaggio ancora non identificato che nelle intercettazioni viene soprannominato “lo svizzero”. Tra il gruppo di N. e quello dello “svizzero” vi sarebbero degli attriti che attengono esclusivamente al predominio territoriale che una fazione vorrebbe esercitare sull’altra. In tale quadro Nesci si sarebbe sentito autorizzato ad agire in maniera autonoma, sulla base della sua “carica” di capo società e forte dell’ assenso ricevuto da don Mico. Un ruolo che, con tutta evidenza, rivela lo stretto legame tra N. e i vertici delle cosche reggine. Sei sono le persone arrestate in Germania appartenenti alla struttura ‘ndranghetistica estera, costituita dai ‘locali’ di Singen e di Francoforte. In tutti i casi i magistrati reggini hanno certificato che le cosche, in qualsiasi parte del mondo si trovino, tengono rapporti strettissimi con i vertici calabresi dell’organizzazione. V. è stato intercettato mentre discuteva di equilibri interni con G.C., alias ‘U mastru”, capo indiscusso di uno dei più ricchi e potenti clan della Jonica. I tedeschi si rivolgevano invece a don Mico, quel boss supremo ”custode delle regole”. Tutti, insomma, passavano per Reggio. E tutti erano ‘benedetti’ dai vertici della ‘Ndrangheta.

Nadia Fotia

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