Sangue in Afghanistan, ucciso Rabbani

Ancora sangue in Afghanistan. Questa volta la vittima è stata Burhanuddin Rabbani, presidente dell’Alto Consiglio per la Pace dell’Afghanistan. La vittima è stata investita in pieno da un’esplosione davanti casa propria. Il kamikaze ha agito da solo, e secondo le prime ricostruzioni pare che abbia nascosto l’esplosivo all’interno del turbante. Avvicinatosi all’abitazione di Rabbani, si è finto come un emissario talebano, per poi farsi esplodere. Poco prima dell’attentato nella residenza di Rabbani si era svolta una riunione con la partecipazione di decine di persone. L’attacco è avvenuto nel quartiere di Wazir Akbar Khan, considerato una delle zone più protette della città. Il presidente Hamid Karzai ha annunciato di aver deciso di far ritorno immediatamente a Kabul da New York, dove si trovava per l’assemblea generale dell’Onu. Dunque ancora sangue e situazione più instabile che mai nel paese orientale. Una via d’uscita pacifica al momento non si immagina nemmeno. Viene da chiedersi cosa sarà dell’Afghanistan al momento del ritiro delle truppe Isaf. Sarà capace il debole governo a reggere la pressione dei talebani, che hanno in mano il potere in pratica? Appare davvero molto nebuloso il futuro, e Karzai non sembra che abbia in mano la situazione, almeno per il momento. Tornando alla vittima, Rabbani è stato uno dei protagonisti principali della vita politica dell’Afghanistan degli ultimi 20 anni. Ricoprì l’incarico di presidente dal 1992 al 1996, quando fu costretto a lasciare Kabul a causa dell’avanzata dei seguaci del mullah Omar. Rabbani era un tagiko della provincia settentrionale del Badakhshan. Nel 1972 venne nominato da una jirga di 15 saggi capo della Jamiat-e Islami, il partito dal quale poi si sarebbe originato il movimento dei mujahedin (guerrieri sacri che combattono l’invasore) che combatterono l’Unione Sovietica negli anni. Protagonista della guerra contro l’armata rossa, Rabbani e i suoi furono tra i primi ad entrare a Kabul nel 1992, quando caddè il governo comunista. Dopo la presa del potere da parte dei talebani, Rabbani fu costretto a rifugiarsi nelle zone settentrionali dell’Afghanistan, dove organizzò la cosiddetta Alleanza del Nord. Dopo l’operazione Enduring Freedom l’Alleanza riconquistò i territori persi in precedenza tra cui Kabul. In quel periodo Rabbani fu uno dei nomi in lizza per la carica di presidente, ma negli ultimi giorni di trattative gli venne preferito l’attuale presidente, il pashtun Hamid Karzai. Rabbani attualmente era il leader del Fronte Nazionale Unito, il principale partito d’opposizione al governo Karzai.

Salvatore Borruto

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