“Il sovraffollamento delle carceri è una vergogna per l’Italia”

Per il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, “Non sono degne di essere umani le carceri sovraffollate”. Ecco perché con il Ministro della Giustizia Nitto Palma  hanno messo a fuoco alcune possibilità di intervento. Sono necessari passi rapidi per un cambiamento radicale della situazione. Per un’amnistia invece, “non ci sono le condizioni”. La situazione delle carceri  italiane praticamente è inquietante: sovraffollamento (il numero dei detenuti spesso è il doppio di quelli che la struttura dovrebbe contenere, il che crea delle condizioni di vita a dir poco impossibili), diritti calpestati, suicidi in cella, costi indecenti; per non parlar del fatto che il sistema carcerario in questo modo è ben lontano dal ruolo che dovrebbe avere, ovvero quello della rieducazione, con l’intento di condurre psicologicamente e praticamente  il criminale a riflettere sul perché dei propri reati.

Le carceri sembrano discariche di detenuti, e trascurano un “piccolo-grande” particolare: si tratta comunque e in ogni caso di esseri umani inseriti in quel circuito di Principi Fondamentali inviolabili che la Costituzione Italiana  tanto decanta. Non a caso il dettato costituzionale della Nostra Repubblica si apre con un gruppo di dodici articoli in cui sono enunciati principi che rappresentano la base, il fondamento su cui poggiano tutte le altre norme dell’ordinamento. Un complesso di valori e di idee che dovrebbero essere rispettati e che fanno da promemoria all’affermazione delle libertà che come cittadini ma prima ancora come uomini dovremmo avere tutti in egual misura. L’articolo 27 Cost., è talmente chiaro che sembra quasi assurdo leggere notizie di una gravità sconcertante circa la situazione delle carceri in Italia.

“La responsabilità penale è personale. L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte”. L’articolo in pratica sancisce i principi della personalità della pena e di non colpevolezza fino a condanna definitiva e attribuisce alla pena una funzione rieducativa, ripudiando la pena di morte e ogni trattamento contrario al senso di umanità. Uno dei modi per giudicare il grado di civiltà di una nazione è infatti quello di osservare il modo in cui essa tratta i detenuti; e l’esempio che l’Italia trasmette purtroppo non è proprio dignitoso. A questo punto c’è da interrogarsi: “Qual è il nostro concetto di civiltà?”

Annamaria Milici

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