ICI Chiesa

Il cardinale Angelo Bagnasco apre sulla questione dell’applicazione dell’ICI agli immobili della Chiesa affermando che “non ci sono pregiudiziali” da parte della CEI su “eventuali approfondimenti volti a valutare la chiarezza delle formule normative vigenti oggetto dell’attuale esenzione”. La questione, com’è noto, è stata riaccesa nei giorni scorsi dal varo della Manovra economica del Governo Monti che reintroduce l’ imposta comunale sugli immobili; riguardo all’esenzione della Chiesa dal pagamento  si è parlato, infatti, di violazione dell’articolo 108 del Trattato europeo secondo il quale si tratta di un privilegio ingiusto e anticostituzionale. Il patrimonio immobiliare del Vaticano è stimato intorno al 20% di quello totale italiano (tra case, scuole e presìdi sanitari di vario genere) e la cifra del mancato introito per le Casse dello Stato, originato dal mancato pagamento dell’imposta, si aggira tra i 500- 700  milioni di euro stimati dall’Anci, l’Associazione dei Comuni,  ai 2, 2 miliardi secondo l’ Ares,  Associazione ricerca e sviluppo sociale. In teoria l’esenzione dovrebbe riguardare soltanto i luoghi di culto e di assistenza sociale ai bisognosi ma nella realtà tale privilegio si estende anche agli immobili utilizzati per altri fini, anche quelli che la Chiesa spesso affitta ricavandone un beneficio economico.

Da più parti  è giunto la sollecitazione a rivedere la norma in modo che anche la Chiesa faccia la sua parte in questo momento di difficoltà generale: il socialista Bobo Craxi chiede al Vaticano di “fare un gesto volontario per contribuire alla riduzione del debito”, dal Pd giunge la voce di Ignazio Marino che si dichiara convinto del fatto che “siano ore di riflessione intensa” e che “la Chiesa proporrà di pagare una tassa sulle attività commerciali” mentre Felice Belisario dell’Idv fa un appello affinché “si passi dalle parole ai fatti”. Nel PdL il panorama è complesso: si va dalla posizione di Daniele Capezzone, favorevole alla revisione della norma, e di altri quattro deputati che hanno presentato due emendamenti per far pagare l’imposta anche a parrocchie, oratori ed edifici di culto,  alla contrarietà di Lupi e Farina. Il ministro dello Sviluppo Corrado Passera, intanto, starebbe conducendo alcuni sondaggi con esperti del settore per delineare con precisione il margine d’intervento nell’eventualità di una revisione della norma.  L’Avvenire fa comunque notare come la Chiesa non sia la sola a godere di questo privilegio, che riguarda anche  i  sindacati, i circoli culturali e gli enti di volontariato laici.

In questo contesto le parole del  presidente della Conferenza episcopale italiana Bagnasco, che pur facendo notare  che “in linea di principio la normativa vigente è giusta, perché riconosce il valore sociale delle attività svolte da una pluralità di enti no-profit” giungono come un’apertura ad eventuali modifiche della  normativa vigente. “Laddove si verificasse qualche inadempienza si auspica ci sia l’accertamento e la conseguenza sanzionatoria com’è giusto per tutti”, dichiara il cardinale. “E infine per quanto riguarda eventuali punti della legge che avessero bisogno di qualche puntualizzazione, di qualche precisazione” – conclude –   “non ci sono pregiudiziali da parte nostra per potere fare queste precisazioni nelle sedi e nei modi opportuni”.

Giusy Palamara

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