Infortunio in bicicletta lungo il tragitto casa-lavoro

29\01\2012 – L’I.N.A.I.L., Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul luogo di Lavoro,  ha recentemente affermato, nella Nota Protocollo n. 8476 del 7 Novembre 2011, che, l’infortunio occorso al lavoratore durante il tragitto casa-lavoro effettuato in bicicletta, rientra tra le ipotesi di “Infortunio in itinere”, essendo utilizzato un mezzo “privato” di trasporto. Orbene, ai sensi dell’art. 12 D.Lgs. 38/2000, l’infortunio in itinere è quello che si verifica durante il normale percorso di andata e ritorno dall’abitazione al posto di lavoro; oppure, durante il normale percorso che il lavoratore deve fare per recarsi da un luogo di lavoro ad un altro, qualora si tratti di rapporti di lavoro cd. “plurimi”; ed infine, quello che si verifica durante l’abituale percorso per la consumazione dei pasti, qualora non esista una mensa aziendale.

L’I.N.A.I.L. ha, quindi, affermato nella predetta Nota, che il soggetto danneggiato a causa ed a seguito del sinistro occorso in bicicletta nelle suddette ipotesi, ha diritto di essere indennizzato, qualora l’infortunio sia avvenuto in un tratto di strada cd. “protetto”, ossia lungo la pista ciclabile o, comunque, in zone interdette al traffico di veicoli a motore.

Qualora, invece, l’incidente si dovesse verificare in tratti di strada lungo i quali circolano anche  veicoli a motore, allora, per essere, anche in quest’ipotesi indennizzati, occorre che l’uso della bicicletta sia stato “necessario”: e lo stato di necessità dell’uso della bici si ravviserebbe, in tal caso, nell’assenza o nell’insufficienza di mezzi di trasporto pubblico, o nell’esigenza di ridurre i tempi di percorrenza del tragitto a piedi tra abitazione e luogo di lavoro. Difatti, l’I.N.A.I.L., con un’interpretazione restrittiva dell’art. 12 D.lgs. 38/00, considera un “rischio” del lavoratore il fatto di utilizzare la strada aperta al traffico normale. Pertanto, se l’uso della bici in strada aperta al traffico è “necessitato”, l’infortunio si può considerare, senza ombra di dubbio, “indennizzabile”.

L’I.N.A.I.L., nella Nota Protocollo 8476/11, affronta, inoltre, anche la questione del cd. “bike-sharing”, ossia il servizio promosso e gestito dalle Pubbliche Amministrazioni locali, avente per  obiettivo il decongestionamento del traffico urbano e, di conseguenza, la diminuzione dell’inquinamento ambientale: e, sotto tale profilo, l’INAIL sottolinea che il “bike-sharing” non può essere, in alcun modo, assimilato al servizio di trasporto pubblico. Conseguentemente, le ipotesi di indennizzabilità dell’infortunio in itinere occorso utilizzando tale servizio, sono del tutto identiche a quelle previste per l’utilizzo della bicicletta privata: difatti, secondo l’I.N.A.I.L. “ai fini di cui all’articolo 12 del D.Lgs. n. 38/2000 non rileva la proprietà del mezzo di trasporto utilizzato, che può appartenere sia al lavoratore che a terzi, quanto, piuttosto, il controllo che il lavoratore può esercitare sulla conduzione dello stesso e sulle condizioni di rischio collegate alle scelte di guida del mezzo”.

 Infine, nella Nota 8476/11, l’I.N.A.I.L., in riferimento all’ipotesi di percorso casa-lavoro effettuato, in parte su pista ciclabile o zona interdetta al traffico, ed in parte su strada aperta ai veicoli a motore, puntualizza che l’infortunio verificatosi in tale ultimo tratto debba essere indennizzato solo in presenza delle condizioni che rendano “necessitato” l’uso della bicicletta; dunque, dalla sussistenza di dette condizioni, si può, invece, prescindere, qualora l’infortunio si verifichi in un tratto di percorso cd. “protetto”. Invero, tali conclusioni sono conformi all’orientamento espresso sul punto della Suprema Corte in riferimento a fattispecie assimilabili, relative al c.d. “percorso misto”, ossia quello effettuato, in parte con mezzo di trasporto privato non necessitato, ed in parte a piedi: in tale ipotesi, infatti, la Corte di Cassazione ha precisato che l’infortunio è indennizzabile qualora l’evento lesivo sia occorso nel tratto percorso a piedi, e precisamente, tra il punto in cui il lavoratore ha parcheggiato il veicolo nei pressi del luogo di lavoro e quest’ultimo, purché, comunque, sussista la ragionevole “strumentalità” del luogo di parcheggio del veicolo rispetto all’effettuazione, con modalità miste, del percorso casa-lavoro.

Avv. Antonella Rigolino

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