
di Katia Germanò – La nomina del successore di Hamid Karzai sembra ancora lontana nonostante sia passato oltre un mese dalle elezioni che si sono svolte il 05 aprile in tutto il paese. Come viene evidenziato nell’approfondimento di maggio del Ce.S.I. (Centro Studi Internazionale) – Afghanistan: punto di situazione sulle elezioni, a cura di Francesca Manenti – dopo settimane di sfoglio, i primi risultati hanno mostrato che nessuno dei candidati ha raggiunto il 50% delle preferenze (quorum necessario per vincere la consultazione al primo turno) e, anche se sono ancora in corso accertamenti di regolarità sui voti, è sempre più probabile che i risultati finali stabiliscono il ballottaggio tra Abdullah Abdullah (ex Ministro degli esteri) e Ashraf Ghani (ex Ministro delle Finanze). Tutto ciò porterà ad un secondo turno di elezioni, con nuovi scrutini e possibili denunce di brogli, e farà si che l’iter per la nomina del nuovo presidente si prolunghi. Purtroppo questo creerà uno stallo politico che potrebbe rappresentare un ostacolo aggiuntivo per la già difficile gestione della sicurezza all’interno del Paese. Sebbene gli episodi di violenza, connessi alle elezioni, siano stati arginati, l’insorgenza talebana continua ad essere la principale minaccia alla stabilità ed il recente rafforzarsi delle violenze ha messo in evidenza quale sia la reale portata di questa militanza.
Anche se le Forze Afgane sono ormai del tutto responsabili della sicurezza interna, gli assalti compiuti in questi mesi, sia contro civili che contro personale militare e di polizia, hanno sollevato alcuni dubbi sull’effettiva autonomia nel garantire la stabilità del paese, questo fa si che la presenza delle Forze Internazionali sia ancora importante. A tutto ciò si aggiunge un ulteriore problema: entro la fine del 2014 si dovrebbe completare il ritiro definitivo delle truppe straniere dal Paese e, a tutt’oggi, non è stato ancora raggiunto l’accordo tra l’attuale governo afghano e gli Stati Uniti che dovrebbe fornire il quadro giuridico delle truppe internazionali presenti in Afghanistan a partire dal prossimo gennaio (missione NATO, Resoulte Support) ed il ritardo della nomina del nuovo governo, favorevole a questo accordo, potrebbe compromettere ancor di più le relazioni tra il Paese e le Forze Internazionali.