Ex GDM, anche per la Cassazione Montesano ha agito secondo la legge

Nessun reato nella procedura concorsuale: la Suprema Corte dispone definitivamente l’archiviazione nei confronti dell’imprenditore reggino, così come avvenuto nei due procedimenti dinanzi al Tribunale di Milano

 QUIPERNon si ravvisano né reati di natura fallimentare, né truffe nella procedura concorsuale dell’ex colosso della grande distribuzione Gdm dell’imprenditore reggino, Carlo Montesano. È quanto hanno stabilito, pronunciandosi in via definitiva, i giudici della Cassazione, che hanno accolto la richiesta di archiviazione del procuratore generale presso la Suprema Corte. È stato dunque rigettato anche l’ultimo ricorso proposto da Marcello Foti, l’ex collaboratore di Gdm e titolare della Eurologistik company, che con la sua denuncia aveva generato un’inchiesta che pure ha comportato ingiuste ricadute personali e professionali sulla famiglia Montesano e le aziende ad essa riconducibili. Accuse sempre respinte con dignità e fermezza da Carlo Montesano e dai suoi legali, il prof. Ennio Amodio e l’avv. Antonio Mazzone. Accuse che oggi si appalesano errate se non strumentali. L’indagine riguardava inoltre Piergiorgio Sacco e Paolo Montesano, in qualità di commissari liquidatori della Gdm, e Matteo Sala, consulente milanese. È la fine di un incubo per Carlo Montesano e la sua famiglia, che da sempre ha rappresentato il salotto buono dell’imprenditoria reggina, ma è anche la fine di una grande azienda.

Gli occhi della Procura sul fallimento Gdm

Erano state delle singolari dichiarazioni di un ex dipendente della Gdm, presentatosi spontaneamente in Procura, prassi certamente poco usuale a Reggio, ad avviare le indagini che, nel giugno 2012, portavano a una serie di perquisizioni, ipotizzando che Carlo Montesano avesse ”distratto e dissipato in parte l’attivo patrimoniale della Gdm” con lo scopo di far fallire l’impero della grande distribuzione che portava il suo nome. Un’accusa che era parsa subito una montatura, posto che alla realizzazione di quella società la famiglia Montesano aveva speso per anni tutte le sue energie imprenditoriali.

I giudici milanesi: “Solo fumo”

Ad inviare le carte alla Procura di Milano, condividendo sul punto le osservazioni dei legali della Gdm e di Montesano, erano gli stessi magistrati reggini, posto che la Gdm aveva avuto sempre sede nel capoluogo lombardo e che lì era stata anche avanzata la richiesta di mettere in liquidazione la società. Quando il fascicolo approda per competenza a Milano, l’esito delle indagini non conferma il quadro denunciato. Anzi lo stesso pubblico ministero, nel chiedere l’archiviazione dell’indagine, sottolinea: “Per il vero la denuncia appare alquanto fumosa, posto che mette in risalto aspetti che apparentemente molto gravi senza portare su piano dei delitti fallimentari e/o contro il patrimonio a quantificare il pregiudizio subito dalla società o da terzi”. Punto per punto, vengono smontati i rilievi sollevati contro Montesano. A sostegno della sua tesi, il pubblico ministero, infatti, ricorda anche che l’operazione di leveraged buy out – una tecnica di acquisto di una partecipazione di una società o azienda mediante lo sfruttamento della capacità di indebitamento della società stessa – compiuta da GDM nel 2007, denunciata dai commissari giudiziari e oggetto di altro procedimento, è stata allo stesso modo archiviata perché considerata lecita. Ancor più ferme le censure del Pm all’ipotizzato reato di truffa: “Gli elementi a carico di Montesano sono inconsistenti, sia perché il denunciante appare consapevole, sia perché lo stesso, pur mettendo in risalto, nella sua fumosa denuncia, aspetti apparentemente molto gravi – tra l’altro riguardanti alcune gravi anomalie verificatesi nel corso della procedura di concordato preventivo – non è stato in grado di portare degli specifici elementi utili alla quantificazione del pregiudizio subìto dalla Eurologistik”. Una conclusione che ha convinto il gip che, assecondando in toto le richieste del pm, ha disposto l’archiviazione. Un provvedimento robusto e motivato contro il quale, tuttavia, il teste/denunciante proponeva impugnazione.

Anche il secondo gip conferma: “Nessun reato”

La questione, di conseguenza, è tornata di fronte al Tribunale di Milano. Ma anche in questa seconda disamina il gip ribadiva che non era possibile neanche ipotizzare nelle condotte dell’imprenditore Carlo Montesano “una condotta che avvalorasse il sospetto della bancarotta fraudolenta”, aggiungendo che “tanto meno sarebbe ravvisabile truffa alcuna”. E paradossalmente sono le parole del denunciante a rafforzare le convinzioni del gip. A parere del giudice non si può parlare di bancarotta fraudolenta perchè “la gara finalizzata alla scelta dell’affittuario dell’azienda GDM, pur essendo avvenuta durante la procedura di concordato preventivo, è stata gestita, e del resto non poteva che essere gestita, non dai relativi commissari giudiziari, bensì dai due liquidatori della Gdm (gli indagati Sacco Piergiorgio e Montesano Paolo Francesco) e dal loro commercialista (l’indagato Sala Matteo), vale a dire da soggetti privati o comunque certamente non qualificabili né come pubblici ufficiali né come persone legalmente autorizzate”, come invece richiede la norma per la configurazione del reato.  Parimenti, sottolineava il gip, “non c’è truffa perché Foti non ha potuto fare a meno di ammettere di essere a conoscenza dello stato di decozione della GDM, sia perché Montesano lo aveva esplicitamente informato della cosa, sia perché la situazione dell’azienda gli era nota in virtù dei risalenti e stabili rapporti commerciali con essa intrattenuti, che infatti avevano ad oggetto tutti i relativi servizi logistici”.

La Cassazione rigetta anche l’ultimo ricorso

Avverso la seconda archiviazione, da parte di Marcello Foti è stato proposto ricorso per Cassazione. Anche da parte della Suprema Corte, le accuse nei confronti della famiglia Montesano sono state giudicate infondate. E anche in questo caso, a chiedere l’archiviazione è stato lo stesso rappresentante di parte pubblica, ovvero il procuratore generale. Una decisione, quella dei giudici in ermellino, che ha posto la parola fine sull’intera vicenda.

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